Novantacinque giorni, 2280 ore senza interruzioni, oltre 650 pastori e predicatori provenienti da diversi paesi. Queste le cifre dello speciale culto no stop che si è svolto nella chiesa riformata dell’Aja, nei Paesi Bassi, e che è servito a salvare una famiglia di richiedenti asilo di origine armena dall’espulsione, dopo ben 8 anni di permanenza ed un percorso di integrazione ampiamente avviato. Un’antica legge non consente infatti alle forze dell’ordine di fare ingresso in un locale di culto nel corso di una funzione religiosa. Da qui l’idea di una celebrazione ininterrotta che ha condotto, nella giornata del 31 gennaio, alla revisione del provvedimento da parte del governo olandese. Un atto di resistenza pacifico e molto partecipato di forte impatto, che ha fatto il giro del mondo e raccolto numerosi consensi da parte dell’opinione pubblica. Se le condizioni dei richiedenti asilo in Europa si fanno sempre più difficili, si moltiplicano i casi di attivismo religioso delle comunità di fede. Realtà che si fanno carico dell’accoglienza quando gli Stati sembrano rifiutare ogni responsabilità; casi di utilizzo di norme spesso lasciate nel dimenticatoio, come i visti umanitari d’ingresso o l’asilo ecclesiastico, che salvano migliaia di vite. Riusciranno a costringere l’Europa a mettersi in discussione?
Rapporto sullo stato dei diritti in Italia