Aggiornato al: 08/05/2019
Dal 2015, il mutato contesto politico e sociale, italiano ed europeo, ha avuto un impatto notevole sul trattamento degli stranieri e dei richiedenti asilo.
L’Agenda europea sulla migrazione, il documento programmatico elaborato in quell’anno dalla Commissione dell’Unione europea (UE)(1), non ha prodotto i risultati sperati.
L’innovativo programma di relocation, con cui per la prima volta si è cercato di dare applicazione pratica ai principi di solidarietà e equa ripartizione delle responsabilità, è stato un fallimento, come si dirà meglio in seguito.
La riforma del regolamento europeo 604/2013 (c.d. regolamento Dublino III), che individua lo Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale e che rappresenta una delle maggiori criticità del sistema comune di asilo europeo (CEAS), dopo l’approvazione a larga maggioranza del Parlamento europeo è stata bloccata in seno al Consiglio dell’Unione europea.
Il trattamento riservato ai migranti dai paesi UE frontalieri, sia terrestri che marittimi, è drammaticamente peggiorato.
Dal 2017 l’attività di ricerca e soccorso (SAR) nel Mediterraneo centrale ad opera delle Organizzazioni non governative (ONG) è stata oggetto di una campagna di diffamazione e odio senza pari.
In Italia, il nuovo Governo che si è insediato agli inizi di giugno 2018, da un lato ha proseguito l’operato del precedente relativamente al sostegno alla sedicente Guardia costiera libica, che tutt’oggi gode del riconoscimento dell’Unione europea ed è stata incaricata di operare al largo del Mediterraneo in operazioni di salvataggio alquanto dubbie. Dall’altro, con l’entrata in vigore del DL 113/2018 (c.d. decreto sicurezza o decreto Salvini, dal nome del Ministro dell’Interno proponente), convertito poi in legge a dicembre 2018, sono state introdotte novità in senso peggiorativo in materia di rilascio dei permessi di soggiorno, di accoglienza e di trattenimento degli stranieri.
Gli anni a venire, quindi, saranno molto complicati sia per gli immigrati sia per le organizzazioni a tutela dei diritti umani, ormai bersaglio facile di hate speech e campagne diffamatorie.
Già nel 2015 in seno alle istituzioni europee si era avvertiva la necessità di una modifica radicale del sistema comune di asilo europeo in favore di una legislazione più omogenea e rispettosa dei principi cardine dell’Unione.
Era ormai evidente che alcuni Stati, tra cui l’Italia, non avessero goduto del pieno appoggio degli altri paesi comunitari, anche a causa delle norme ormai inadeguate o delle politiche dei governi locali in materia di immigrazione e asilo.
In particolar modo, una delle principali criticità era ed è rappresentata dal regolamento Dublino III. L’aumento della pressione migratoria sugli stati frontalieri, la diffusa incapacità di gestione del fenomeno, l’isolamento di fatto cui sono stati costretti e la scarsa applicabilità dei criteri di collegamento tra richiedenti asilo e Stati membri ha determinato l’attivazione generalizzata del criterio c.d. del primo ingresso: lo Stato che deve esaminare la domanda di protezione è il primo in cui giunge il richiedente. E’ fin troppo evidente che, considerando i recenti flussi migratori si tratti di Italia, Grecia e Spagna.
A causa della scarsa solidarietà tra Stati membri e l’applicazione letterale del regolamento, tra il 2014 e il 2017 l’Italia ha visto aumentare in maniera esponenziale il numero di domande di asilo da esaminare: 63.456 nel 2014, 83.970 nel 2015, 181.436 nel 2016 e 130.119 nel 2017(2). Nel 2018 il numero è sceso ben oltre la metà, per le cause di cui si dirà in seguito. E’ bene precisare che si tratta comunque di numeri tutto sommato non elevati, ma che l’Italia non ha saputo gestire in maniera efficace.
In attesa di una riforma generale del sistema Dublino, le decisioni del Consiglio 2015/1523 e 2015/1601 hanno predisposto un meccanismo di ricollocazione dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, in deroga alle disposizioni del regolamento Dublino III, al fine di alleggerire la pressione migratoria di Italia e Grecia(3). Originariamente era prevista anche l’Ungheria che ha rinunciato ad aderirvi per una precisa scelta politica di contrasto a qualsiasi tipo di immigrazione(4).
Il programma ha avuto durata biennale (luglio 2015 - settembre 2017), ma i trasferimenti dei richiedenti già registrati sono proseguiti anche nei mesi successivi.
Il totale delle ricollocazioni era stato fissato a 98.255, di cui: 34.953 dall’Italia e 63.302 dalla Grecia(5).
I richiedenti ammissibili al programma, tuttavia, erano solo i cittadini le cui nazionalità avevano una percentuale di riconoscimento di protezione internazionale almeno del 75%, su base europea.
La procedura prevedeva la presentazione della domanda di asilo in Italia o Grecia e il successivo trasferimento verso gli altri paesi comunitari, secondo delle quote stabilite tenendo conto di: totale della popolazione residente, numero di domande di asilo presentate negli ultimi quattro anni, prodotto interno lordo e tasso di disoccupazione. La selezione del paese di destinazione avveniva dopo un colloquio con il personale dell’agenzia europea di supporto all’asilo (EASO) e in base alle disponibilità di ciascuno Stato, da comunicare ogni tre mesi.
A distanza di più di un anno dalla conclusione del programma, si può affermare pacificamente il suo fallimento.
I trasferimenti dall’Italia sono stati molti meno di quelli previsti: 12.706, secondo gli ultimi dati disponibili(6), ossia meno della metà di quelli disposti. Questa cifra piuttosto bassa è il risultato di differenti cause, politiche e tecniche.
Innanzitutto è mancata la volontà degli altri paesi a concorrere al buon esito del programma, come dimostrano gli esigui trasferimenti rispetto a quelli previsti ad esempio verso Francia (25,5%) e Germania (39,3%)(7). O addirittura il totale rifiuto di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca di prendere parte alle ricollocazioni e per questo motivo sottoposte a procedura di infrazione da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE)(8).
La determinazione delle quote non è stata accompagnata da un adeguato meccanismo sanzionatorio. Nessun Stato UE che non abbia soddisfatto gli impegni presi al momento è stato sanzionato, ad eccezione del governo spagnolo condannato dal suo stesso Tribunale supremo(9).
Le nazionalità che hanno potuto prendere parte al programma erano eccessivamente limitate a causa della percentuale minima di riconoscimento della protezione internazionale. Su tutti: siriani ed eritrei, quindi non i cittadini dei principali paesi di emigrazione verso l’Italia, sia come destinazione che come paese di transito e primo ingresso in UE. Di fatto, quindi, la pressione migratoria è stata alleggerita solo parzialmente.
Un richiedente asilo poteva essere escluso dalla relocation solo se rappresentava un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza e tale valutazione competeva esclusivamente allo Stato di destinazione. Questa clausola generale ha avallato una politica di selezione nei trasferimenti, in quanto la decisione non veniva notificata né poteva essere impugnata.
Nel corso del programma di frequente sono stati segnalati dalla Commissione europea gli atteggiamenti di alcuni Stati membri nel preferire particolari categorie di persone, come le donne single, o di determinate nazionalità(10). O anche la tendenza a escludere cittadini eritrei che avevano dichiarato di aver fatto parte dell’esercito nazionale e che quindi avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la sicurezza dello Stato, ignorando tuttavia che in Eritrea la coscrizione è obbligatoria e la diserzione comporta conseguenze pericolosissime.
Nel corso dell’ultima legislatura europea, le istituzioni comunitarie hanno discusso una riforma organica e strutturale del sistema comune di asilo: regolamento Dublino III, direttiva qualifiche, direttiva procedure e direttiva accoglienza.
Il dossier sul regolamento europeo per l’attribuzione della competenza a esaminare una domanda di protezione internazionale è stato presentato dalla Commissione europea nel 2016. La proposta originaria è stata modificata sino a giungere alla versione attuale, approvata con un’ampia maggioranza dal Parlamento europeo a novembre 2017. Il testo prevede, tra l’altro, dei criteri di collegamento tra richiedente asilo e Stato che deve prendere in carico la domanda più funzionali, l’abolizione del criterio del paese di primo ingresso (l’aspetto maggiormente critico della norma attuale) e il coinvolgimento del richiedente nella scelta del paese di destinazione, nel caso non si applichino altre disposizioni. Nonostante l’accordo trasversale delle forze politiche, la discussione è ancora al vaglio del Consiglio europeo, organo di rappresentanza dei singoli Governi, che ha momentaneamente sospeso l’iter a causa delle differenti visioni in materia di immigrazione e asilo. Un aspetto da considerare è l’allineamento dei nuovi Governi di Austria e Italia con i paesi del c.d. “blocco di Visegrad” (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria,), da sempre promotori di un approccio molto restrittivo.
Sono già state avviate le procedure di riforma anche dei regolamenti e delle direttive che disciplinano la qualifica di beneficiario di protezione internazionale, la procedura di esame della domanda e gli standard dell’accoglienza.
I nuovi obiettivi delle politiche comunitarie sembrano tendere alla compressione, tra gli altri, del diritto alla protezione internazionale, all’accoglienza e al diritto di difesa(11)
Tra il 2015 e il 2016, se non si considera il programma di relocation, in Italia non ci sono state grosse novità.
Al contrario, tra il 2017 e il 2018 il legislatore ha approvato due riforme di portata rilevante nella legislazione su immigrazione e asilo e mutato l’approccio al contrasto dell’immigrazione irregolare e ai rapporti con le autorità libiche.
Lo strumento prescelto per la riforma della normativa è stato il decreto legge, basato sulla presunta emergenza immigrazione e, nonostante i due atti appaiano in continuità, tuttavia sono stati proposti da esponenti di due esecutivi diversi che dovrebbero far riferimento a distinte aree politiche.
Sempre nel 2017, il Parlamento ha approvato una Legge particolarmente innovativa in materia di minori stranieri non accompagnati (MSNA).
LA LEGGE 46/2017
Il 17/2/2017 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto legge 13/2017 “recante disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale” (o decreto Minniti – Orlando, rispettivamente dal Ministro dell’Interno e dal Ministro di Grazia e Giustizia del Governo Gentiloni), successivamente convertito in Legge.
Per velocizzare l’esame delle domande di protezione internazionale il decreto ha previsto l’assunzione di nuovi esperti a supporto della Commissioni territoriali per il riconoscimento del diritto di asilo e la creazione di 26 sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione speciale e libertà di circolazione dei cittadini comunitari presso i Tribunali ordinari in cui hanno luogo anche le Corti di appello.
Relativamente alle Commissioni territoriali, con decreto 220/2017, il Ministero dell’Interno ha disposto la modifica della loro composizione: al posto del rappresentante delle forze dell’ordine e dell’ente locale ci sono due nuove membri esperti in materia e assunti tramite concorso.
L’ABOLIZIONE DEL GRADO DI APPELLO NELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE
Un punto che ha destato particolari perplessità è quello che abolisce il grado di appello per le controversie in materia di protezione internazionale. Chi ha presentato domanda di asilo successivamente all’entrata in vigore del decreto 13/2017 oltre all’audizione presso la Commissione territoriale, può avvalersi del ricorso in Tribunale e per Cassazione. Non è più possibile, quindi, beneficiare dei tre gradi di giudizio che il nostro ordinamento riconosce nella maggior parte dei processi.
DAI CIE AI CPR E ALLUNGAMENTO DEI TERMINI PER IL TRATTENIMENTO
Il termine massimo di trattenimento nei nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio o CPR (ex Centri di identificazione ed espulsione o CIE) per gli stranieri in condizione di soggiorno irregolare che abbiano scontato un periodo di detenzione pari ad almeno 90 giorni passa da 30 a 45 giorni (30 + 15) in caso di particolare complessità del caso.
E’ stata estesa la possibilità di confermare il trattenimento anche nel caso in cui una persona già all’interno del CPR per l’esecuzione di un respingimento differito manifesti volontà di presentare domanda di protezione. Questa disposizione è analoga a quella preesistente e relativa all’esecuzione dell’espulsione, ritenendo la domanda di asilo pretestuosa e presentata al solo scopo di ritardare l’allontanamento dello straniero.
In questo senso, quindi, l’attività di informativa sui diritti e doveri dei richiedenti asilo nei centri hotspot dopo il salvataggio in mare diventa dirimente e fondamentale.
LA NATURA GIURIDICA DEGLI HOTSPOT
Nel decreto per la prima volta si fa menzione dei centri hotspot, fino al quel momento privi di un’adeguata copertura legislativa.
Anche in questo caso, però, la normativa risulta scarna e inadeguata. Si prevede, infatti, che lo straniero destinatario di operazioni di salvataggio o rintracciato in posizione di soggiorno irregolare sia trasferito negli hotspot.
Qui, se lo straniero rifiuta di sottoporsi ai rilievi foto-dattiloscopici viene condotto presso un CPR per 30 giorni, previa convalida dell’autorità giudiziaria.
Questa previsione fa chiaramente emergere la funzione degli hotspot come luoghi di identificazione e trattenimento, situazione di fatto già evidenziata nel corso nel 2015 e del 2016 pur in assenza di previsioni formali(12).
Inoltre, è introdotta una nuova ipotesi di rischio di fuga (la volontà di non sottoporsi a identificazione, appunto), che legittima il trattenimento nei CPR.
LA LEGGE 47/2017
La c.d. legge Zampa (dal nome della parlamentare Sandra Zampa, prima firmataria) si occupa di offrire maggiori tutele ai MSNA presenti in Italia, che siano richiedenti asilo o meno.
Ribadisce innanzitutto il divieto assoluto di respingimento del MSNA.
Il periodo di permanenza del minore nelle strutture dedicate si riduce da 60 a 30 giorni e l’identificazione deve avvenire in 10 giorni. Successivamente, è previsto l’inserimento nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
L’accertamento della minore età, punto particolarmente controverso e criticato nel passato(13), finalmente viene disciplinato in maniera puntuale. E’ prevista una procedura in cui l’esame socio-sanitario costituisce l’extrema ratio (si valutano in prima battuta le dichiarazioni dell’interessato e documentazione esibita) e deve essere svolto da un’equipe multidisciplinare, nel più assoluto rispetto della dignità del minore e, eventualmente, delle sue esigenze di protezione internazionale.
Infine, la Legge introduce nel nostro ordinamento nazionale la figura dei tutori volontari: privati cittadini che, dopo aver frequentato e superato appositi corsi di formazione, diventano responsabili legali in seguito alla nomina da parte del giudice del Tribunale per i minori.
LA LEGGE 132/2018
Dopo le elezioni politiche del 2018, il nuovo Ministro dell’Interno è il senatore Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, che ormai da anni ha preso una posizione decisa contro l’immigrazione e l’attività SAR nel mar Mediterraneo.
Il decreto emanato dal nuovo Ministro, ribattezzato decreto sicurezza, si basa sull’ormai consolidato binomio immigrazione/sicurezza, nel senso che ad un aumento quantitativo della prima corrisponde necessariamente un abbassamento qualitativo della seconda.
Questo approccio ha caratterizzato anche l’attività del Ministro Minniti e si pone come una logica prosecuzione del suo operato in termini di approccio restrittivo alla materia e compressione graduale dei diritti.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari o protezione umanitaria, che secondo una giurisprudenza consolidata era parte integrante del sistema di protezione italiano e derivato direttamente dalla Costituzione, è stato abolito. Allo stesso tempo, nel Testo unico sull’immigrazione (TUI) l’aggettivo “umanitario/a” è scomparso da ogni norma.
Al posto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che per decenni ha rappresentato uno strumento flessibile di tutela dei principali diritti costituzionali anche per chi non potesse beneficiare della protezione internazionale, sono stati istituiti 4 nuovi permessi di soggiorno.
Il permesso per “protezione speciale” sostituisce il permesso per motivi umanitari di durata biennale, rilasciato in seguito alla valutazione delle Commissioni territoriali. Ha durata di un anno, non è convertibile in motivi di lavoro ed è rinnovabile fino a quando persistono le condizioni che hanno determinato il suo rilascio. La norma alla base di questo titolo di soggiorno è l’art. 19 del TUI che definisce il principio di non refoulement (non rimpatrio) degli stranieri che potrebbero subire persecuzioni o tortura. La definizione quindi è molto simile a quella alla base del riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, di cui costituisce quasi un doppione e che, con tutta probabilità, troverà una scarsa applicazione pratica.
Il permesso per “cure mediche”, differente dall’omonimo rilasciato agli stranieri che entrano in Italia con il relativo visto per sottoporsi a un ciclo di cure, è riconosciuto alle persone che versano in condizioni di salute particolarmente gravi tali da non consentire il rimpatrio nel paese di origine. Le condizioni di salute devono essere accertate da una struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il SSN. Il permesso è rinnovabile finché il rimpatrio non è possibile e non è convertibile.
Il permesso di soggiorno “per calamità” è una prima risposta sul tema dei c.d. rifugiati ambientali, ossia i migranti costretti ad espatriare a causa di catastrofi o calamità naturali nel paese di origine che non consento l’accesso ai diritti e il rispetto della dignità umana. E’ rinnovabile finché persistono le condizioni che hanno portato al rilascio e non è convertibile.
Gli stranieri che compiono “atti di particolare valore civile” hanno diritto a ottenere un permesso di soggiorno di durata biennale, convertibile in motivi di lavoro. La legge tuttavia non specifica nel dettaglio come richiedere il documento e quali siano i requisiti per il rinnovo. In questo modo, la disposizione rischia di restare inapplicata.
Il decreto non è intervenuto in maniera sostanziale sugli altri titoli di soggiorno che in precedenza recavano la dicitura “motivi umanitari” (per protezione sociale, per sfruttamento lavorativo etc.) e li ha rinominati “casi speciali”.
Tra i profili più critici del testo, bisogna menzionare l’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per motivi umanitari riconosciuto dalle Commissioni territoriali o dai Tribunali alla scadenza.
Il documento, infatti, o si converte in permesso di soggiorno per motivi di lavoro o si rinnova secondo la disciplina della nuova protezione speciale. E questo a prescindere dalla data di scadenza, poiché la disposizione si applica sin dall’entrata in vigore.
Si stima che, a causa di questa riforma, il numero degli irregolari possa crescere di ulteriori 70.000 unità, di fatto generando più insicurezza(14).
Un altro aspetto fondamentale su cui è intervenuto il decreto è l’accoglienza per i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale.
Il sistema concepito in anni di riforme e modifiche non era esente da critiche e una razionalizzazione del sistema sarebbe stata auspicabile.
In particolar modo, i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di grosse dimensioni o i Centri di accoglienza straordinaria (CAS) teoricamente rappresentavano una misura residuale rispetto al canale principale che prevedeva l’accesso allo SPRAR.
Lo SPRAR aveva infatti il merito di comprendere centri di piccole dimensioni e di essere realizzato in seguito all’adesione dell’ente locale, coinvolgendo quindi la comunità di accoglienza. I CARA e i CAS, invece, sono frutto di decisioni governative o prefettizie e i servizi offerti variano a seconda dei bandi e sono più ridotti rispetto agli SPRAR. Inoltre, molto spesso l’accesso allo SPRAR era limitato da un numero ristretto di posti.
Il DL 113/2018 modifica sostanzialmente la funzione e l’impostazione dello SPRAR che diventa il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI). Come è evidente anche dalla nuova dicitura, l’accesso è escluso ai richiedenti asilo e di fatto il SIPROIMI fuoriesce dal circuito disciplinato dal d.lgs. 142/2015, in recepimento della direttiva europea 2013/33 in materia di accoglienza dei richiedenti asilo.
Quindi anche la permanenza sarà più limitata, poiché il periodo di tempo più considerevole che un richiedente trascorre nel sistema di accoglienza è quello scandito dall’esame della sua domanda e non quello successivo al riconoscimento della protezione.
I nuovi centri accoglieranno anche i titolari del permesso di soggiorno per “casi speciali” in ogni sua manifestazione. Il timore è che in queste strutture che potrebbero ospitare categorie così eterogenee di persone con bisogni differenti (rifugiati, donne vittime di tratta per lo sfruttamento della prostituzione, lavoratori in condizione di sfruttamento, stranieri in condizione di salute tanto gravi da non consentire il rimpatrio etc.) di fatto non producano più inclusione sociale.
I richiedenti asilo possono beneficiare solo della nuova accoglienza “ordinaria” dei CARA, da anni al centro di scandali e di cattiva gestione. O al limite del CAS, di cui però il DL prevede un monitoraggio annuale finalizzato alla loro chiusura.
La nuova politica del legislatore è quindi quella di preferire centri ad alta capienza, isolati dalla comunità di riferimento poiché spesso in zone periferiche o marginali, con un risparmio dei servizi offerti ma con una rilevante riduzione in termini di assistenza ai bisogni della persona e di integrazione.
Il divieto di iscrizione anagrafica
Il DL impedisce ai titolari del permesso di soggiorno per richiesta asilo di poter iscriversi all’anagrafe della popolazione residente.
La disposizione è il risultato di anni di criticità, spesso rilevate dai Comuni stessi, in materia di iscrizione e cancellazione anagrafica dei richiedenti protezione.
La residenza costituisce un diritto soggettivo di qualsiasi persona che abbia un valido titolo per risiedere sul territorio.
Il nuovo divieto potrebbe quindi essere in contrasto con tutte quelle disposizioni che parificano il trattamento dello straniero a quello del cittadino italiano ma, soprattutto, con l’art. 3 della Costituzione che sancisce il divieto di discriminazione.
Secondo la nuova legge, tuttavia, i servizi offerti e l’esercizio dei relativi diritti è comunque assicurato nel luogo di domicilio: ossia dove il richiedente ha presentato domanda o dove si è trasferito in seguito, nell’attesa della definizione della procedura.
E’ ancora presto per valutare la reale portata pratica di questa disposizione e alcune Regioni hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale sul punto. E’ bene ricordare, tuttavia, che spesso alcune Pubbliche Amministrazioni nel disbrigo di pratiche anche ordinarie (rinnovi del permesso, iscrizione al SSN etc.) ritengono imprescindibile il requisito della residenza.
In questi casi, è auspicabile un intervento ancora più incisivo per ribadire che anche in assenza di iscrizione anagrafica certi diritti non possono essere pregiudicati.
La disciplina della procedura accelerata per il riconoscimento della protezione internazionale è stata modificata in senso maggiormente restrittivo e sono aumentati i casi in cui si può applicare.
E’ prevista anche una speciale procedura direttamente alla frontiera.
Per la prima volta, la legislazione italiana recepisce dalla direttiva europea il criterio di “paese di origine sicuro”. Se chi presenta domanda di asilo è cittadino di un paese presente su un’apposita lista adottata con decreto del Ministero degli Esteri di concerto con il Ministero dell’Interno e il Ministero della Giustizia, la richiesta può essere considerata inammissibile, salvo che il richiedente stesso non adduca gravi motivi a sostegno.
Nel caso in cui un cittadino presenti una nuova domanda di protezione internazionale “in fase di esecuzione” di un decreto di espulsione, questa viene dichiarata inammissibile e non viene sottoposta a nessun esame. Questa particolare disposizione sembra essere in contrasto con la direttiva procedure, che richiede almeno un esame preliminare. Inoltre, non è ancora chiaro cosa si intenda per “fase di esecuzione”: se la semplice notifica del provvedimento immediatamente esecutivo o tutte le attività poste in essere dalle autorità propedeutiche all’esecuzione dell’espulsione (trattenimento presso CPR, concessione del termine volontario per la partenza o di misure alternative etc.).
NUOVE IPOTESI DI TRATTENIMENTO E AUMENTO DELLA DURATA
Il richiedente asilo potrà essere trattenuto presso i centri hotspot qualora ci siano dubbi sulla sua identità o nazionalità. Se tali dubbi non dovessero essere risolti, il trattenimento può protrarsi fino a un massimo di 180 giorni all’interno di un CPR per un periodo complessivo di 210 giorni (180 + 30).
La nuova norma che introduce questa disposizione potrebbe, in astratto, essere applicata a qualsiasi richiedente asilo soccorso in mare o rintracciato in condizione di irregolarità e trattenuto per accertamenti.
La disciplina europea prevede questo tipo di trattenimento che però può essere disposto solo dopo una valutazione individuale e in assenza di misure meno limitative della libertà personale. Inoltre, il principio secondo cui un richiedente non può essere trattenuto solo per aver presentato domanda di asilo sembra proibire una disposizione come quella appena introdotta.
ESAME IMMEDIATO DELLA DOMANDA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E NUOVE IPOTESI DI DINIEGO E REVOCA
Il decreto sicurezza prevede che un richiedente asilo sottoposto a indagini o condannato per reati con sentenza non definitiva riceva una risposta immediata dalla Commissioni territoriale e, in caso di rigetto, debba lasciare immediatamente l’Italia, con le stesse modalità di esecuzione dell’espulsione.
La norma è quindi applicabile anche in caso di sentenza non definitiva di condanna e in questo il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva è evidentemente limitato.
Alcuni dei reati che non sembrano così gravi da giustificare questo trattamento: violenza o minaccia a pubblico ufficiale, furto con indosso armi o narcotici senza farne uso, furto in abitazione. Nel testo iniziale era stato proposto addirittura il rimpatrio immediato.
Sempre in tema di procedimenti penali e protezione internazionale, sono aumentati i reati a cui condanna comporta il diniego e la revoca dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Le nuove ipotesi sono le stesse che comportano il giudizio immediato della Commissione.
Anche in questo caso, l’entità di questi reati non sembra tale da comportare la revoca della protezione internazionale.
Dal 2017 le ONG impegnate in operazioni di ricerca e soccorso in mare, con il coordinamento della Guardia Costiera italiana, sono bersaglio di durissimi attacchi civili e politici. Il clima di diffidenza e sospetto che si è creato attorno a quello che è il rispetto di un obbligo di diritto internazionale ha portato anche all’apertura di alcune inchieste della magistratura italiana sui comportamenti delle ONG. Ad oggi non ci sono stati rinvii a giudizio né tantomeno condanne dell’operato delle organizzazioni.
Tutto ha inizio con la pubblicazione sul Financial Times di uno stralcio di un dossier riservato di Frontex (il sistema europeo di gestione e controllo delle frontiere, recentemente trasformato in un’agenzia UE) delle dichiarazioni del suo direttore Fabrice Leggeri, secondo cui le ONG operavano troppo a ridosso della linea costiera libica fungendo da fattore di attrazione per i barconi in partenza(15). Il dibattito è poi proseguito sui social network grazie al video del blogger Luca Donadel “La verità sui MIGRANTI”, in cui, con un linguaggio semplice e una sedicente imparzialità, l’autore avallava la teoria delle ONG come pull-factor per le partenze nel Mediterraneo. Le informazioni fornite, tuttavia, erano inesatte, parziali o travisate, come dimostrato da alcune testate giornalistiche(16)(17), ma ormai il terreno sociale e politico era fertile per la strumentalizzazione delle questione.
Da quel momento, la vulgata che le ONG fossero colluse con i trafficanti o che agissero per un tornaconto economico personale ha preso sempre più piede nella politica e nella società civile.
L’attuale Vice Presidente del Consiglio e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi di Maio, ha definito le organizzazioni “taxi del Mediterraneo”(18). L’altro Vice Presidente e Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha ripetuto spesso che le ONG sono i “vice scafisti”(19). Non sono mancate anche prese di posizione della magistratura: il PM di Catania, Carmelo Zuccaro, che ha aperto varie inchieste sulle ONG (tutte concluse senza rinvio a giudizio) nel ha affermato che le loro attività fa parte di un disegno per sovvertire l’ordine economico e sociale italiano attraverso l’ingresso massiccio di immigrati. Lo stesso PM ha anche dichiarato di avere prove di contatti tra ONG e scafisti che tuttavia non potevano essere utilizzate in un processo. Queste prove restano ancora ignote(20).
Il Ministro Minniti, subito dopo la sua nomina a inizio 2017 e con appoggio dell’UE, ha avviato un’interlocuzione con il governo di Al Serraj (che non aveva e non ha tutt’ora il controllo dell’interno territorio nazionale) per discutere del contrasto agli scafisti.
Tra i primi atti ufficiali, c’è la stipulazione di un Memorandum Italia – Libia, mai discusso in Parlamento, che prevede l’impegno dell’Italia a fornire supporto in termini di mezzi e competenze alla Guardia costiera libica(21). Il documento non fa mai riferimento alle violenze, ampiamente documentate, all’interno dei centri di detenzione libici né al rispetto dei diritti umani.
Nell’estate 2017, la Libia, unilateralmente, ha dichiarato la propria competenza su una sua zona di ricerca e soccorso, per legittimare le operazioni della Guardia costiera. In alcuni casi è stato documentato come queste operazioni siano spericolate e mettano a rischio la vita delle stesse persone da soccorrere.
Nello stesso periodo, il Ministro Minniti ha avanzato la proposta di sottoscrivere un codice di condotta per le ONG(22). Il codice era composto da 13 articoli, molti dei quali di fatto ribadivano norme già rispettate dalle ONG in quanto derivanti da obblighi nazionali e internazionali. A queste, si sono aggiunte indicazioni alquanto particolari. Su tutte, possiamo menzionare: l’obbligo di rispettare la competenza della Guardia Costiera libica nelle loro acque territoriali, il divieto di effettuare comunicazioni o lanciare segnali luminosi “per agevolare la partenza e l’imbarco dei natanti che trasportano migranti” e l’impegno a ricevere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria. E’ facilmente constatabile che in queste precisazioni sia insito il dubbio di pratiche scorrette attuate delle ONG o che comunque costituissero un pull-factor per le partenze.
Bisogna precisare che il codice non era un atto vincolante ma liberamente sottoscrivibile e che non costituiva un obbligo giuridico. Ma, come chiosa lo stesso codice, “la mancata sottoscrizione di questo Codice di Condotta o l’inosservanza degli impegni in esso previsti può comportare l’adozione di misure da parte delle Autorità italiane nei confronti delle relative navi”. Tra le contromisure ipotizzate dall’ex Ministro c’era anche la chiusura dei porti(23).
Il nuovo Ministro Salvini ha proseguito sulla scia del predecessore e si è ritagliato un importante spazio nelle scelte politiche del nuovo governo in materia di soccorsi in mare e rapporto con le ONG. Di concerto con il Presidente del Consiglio, il vice Presidente Di Maio e il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, è stato sistematicamente negato a volte l’attracco a volte lo sbarco alle navi delle organizzazioni. In alcuni casi, persino a navi della Marina militare italiana, come nel caso del pattugliatore Diciotti, che tra personale e naufraghi ha “accolto” più di 200 persone, tra cui anche minorenni, a bordo per 10 giorni.
Lo stesso copione si è ripetuto anche in altre circostanze.
Ciò che è interessante rilevare è che al momento non esiste un provvedimento formale di chiusura dei porti o rifiuto allo sbarco delle persone, né ad opera del Ministro dell’Interno né del Ministro delle infrastrutture e i trasporti(24).
Per la vicenda della Diciotti, il Tribunale per i reati ministeriali di Catania ha chiesto al Senato, camera di appartenenza del Ministro Salvini, l’autorizzazione a procedere per il reato di sequestro di persona aggravato. Il Senato si esprimerà a fine marzo 2019, ma se dovesse prevalere la linea della giunta per le immunità, l’autorizzazione sarà negata in quanto secondo l’aula il fatto è stato commesso per tutelare un interesse preminente dello Stato.
Dopo aver ricevuto un chiarimento sui loro diritti, ad opera di alcune associazioni tra cui A Buon Diritto, 41 migranti a bordo della nave hanno deciso di intraprendere un’azione civile di risarcimento danni da trattenimento arbitrario e di presentare un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo al fine di accertare se quanto accaduto fosse compatibile con il rispetto dei diritti umani(25).
Queste azioni legali sono di rilevante importanza perché, anche in assenza di un procedimento a carico del Ministro Salvini, permetteranno alla magistratura italiana di valutare la vicenda secondo i parametri del diritto e non solo della politica.
L’impressione è che, da un punto di vista normativo, si stia andando verso una graduale ma significativa compressione dei diritti dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale.
È ancora presto per trarre un bilancio degli effetti del nuovo DL, ma quello che si può affermare con certezza è che nel corso dei prossimi anni assisteremo a un progressivo aumento del numero delle persone impossibilitate a rinnovare il titolo di soggiorno per motivi umanitari(26). Stessa sorte, presumibilmente, toccherà a quel piccolo gruppo di persone che con successo otterranno il permesso di soggiorno per protezione speciale, che ha durata annuale e deve essere rinnovato anno per anno, dimostrando la condizione di inespellibilità verso il proprio paese.
Sotto il profilo dell’accesso alla domanda di asilo, sono stati introdotti numerosi ostacoli, in alcuni casi già previsti dalla normativa europea (lista dei paesi di origine sicuri, aggravio delle procedure di frontiera), in altri in palese contrasto con la direttiva procedure (domanda reiterata in fase di esecuzione dell’espulsione ritenuta inammissibile ex lege).
Il sistema di accoglienza, così come riformato, difficilmente riuscirà a creare un’efficace inclusione sociale, anche alla luce dei nuovi bandi pubblicati(27). Oltre al taglio dei fondi e all’impossibilità di offrire servizi di qualità, il nuovo esecutivo ha deciso di puntare sulle grandi strutture, normalmente isolate dai centri urbani, e aperti a discrezione delle autorità. Il coinvolgimento degli enti locali e della comunità di accoglienza, caratteristica delle SPRAR, sembra difficilmente replicabile nel nuovo SIPROIMI, che in ogni caso non è rivolto ai richiedenti asilo. Durante tutta la fase di esame della domanda, pertanto, il cittadino straniero non beneficerà di alcun servizio volto all’integrazione.
Infine, da un punto di vista sociale, sembra quanto mai necessaria una nuova opera di sensibilizzazione e informazione. La percezione del fenomeno migratorio è assolutamente distorta e cavalcata da alcune correnti politiche che propongono costantemente una ricetta securitaria e restrittiva in totale assenza di presupposti oggettivi(28). Persino l’attuale Ministro dell’Interno, a distanza di un anno dalla campagna elettorale che lo ha portato al Governo, è stato costretto a smentire la retorica allarmista del suo partito sul tema degli immigrati irregolari, forse a causa degli scarsi risultati sui rimpatri tanto promessi fino a qualche mese fa(29).
(1) - https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0240&from=GA
(2) - www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/quaderno_statistico_per_gli_anni_1990-2018.pdf
(3) - PORTOGHESE F., Should I stay or should I go?, A Buon Diritto Quaderni, N. 2, 2018. Disponibile su: https://www.abuondiritto.it/it/pubblicazioni/147-should-i-stay-or-should-i-go/file.html
(4) - https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/policies/european-agenda-migration/background-information/docs/2_eu_solidarity_a_refugee_relocation_system_en.pdf
(5) - https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/policies/european-agenda-migration/20171114_relocation_eu_solidarity_between_member_states_en.pdf
(6) - https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/policies/european-agenda-migration/press-material/docs/state_of_play_-_relocation_en.pdf
(7) - http://www.europeanmigrationlaw.eu/en/articles/datas/relocation-from-italy-and-greece.html
(8) - http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-5002_EN.htm
(9) - https://www.asylumineurope.org/news/11-07-2018/spain-supreme-court-condemns-government-failure-meet-relocation-target
(10) - Vedi nota 3.
(11) - Associazione studi giuridici sull’immigrazione (a cura di), I nuovi orientamenti politico-normativi dell’Unione europea e la prospettiva di nuove e radicali chiusure al diritto di asilo, ASGI, 2017. Disponibile su: https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2017/09/2017_9_Articolo_politiche-_UE_ok.pdf
(12) - CAPITANI G., Hotspot, il diritto negato, Oxfam, 2016. Disponibile su: https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2016/05/Rapporto_Hotspots_Il-diritto-negato_Oxfam_19mag16.pdf
(13) - A BUON DIRITTO ONLUS (a cura di), MSNA e minori stranieri accompagnati a Roma, A Buon Diritto Quaderni, N. 3, 2017. Disponibile su: https://www.abuondiritto.it/it/pubblicazioni/143-rapporto-msna-e-minori-accompagnati/file.html
(14) - https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/i-nuovi-irregolari-italia-21812
(15) - https://www.ft.com/content/3e6b6450-c1f7-11e6-9bca-2b93a6856354
(16) - https://www.vice.com/it/article/4xp45q/analisi-video-verita-sui-migranti-luca-donadel
(17) - https://ilmanifesto.it/la-bufala-rilanciata-da-striscia-prepara-nuove-stragi-a-mare/
(18) - https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/23/ong-taxi-del-mediterraneo-di-maio-fa-insinuazioni-senza-dare-soluzioni/3538861/
(19) - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/02/migranti-matteo-salvini-per-i-clandestini-e-finita-la-pacchia-nessun-vice-scafista-nei-porti/4400109/
(20) - https://www.avvenire.it/attualita/pagine/zuccaro-senato
(21) - https://www.repubblica.it/esteri/2017/02/02/news/migranti_accordo_italia-libia_ecco_cosa_contiene_in_memorandum-157464439/
(22) - http://www.interno.gov.it/sites/default/files/codice_condotta_ong.pdf
(23) - http://www.ansa.it/europa/notizie/piazza_europa/migranti/2017/06/29/migranti-italia-pronta-a-chiudere-i-porti-situazione-grave_4bd1a6b2-7197-458e-bfc1-ebae830dadbf.html
(24) - https://www.asgi.it/media/comunicati-stampa/chiusura-porti-accesso-civico
(25) - https://www.abuondiritto.it/it/notizie/2014-migranti,-rete-legale-presentazione-dei-risultati-del-2018-e-delle-azioni-di-tutela-dei-migranti-della-diciotti.html
(26) - https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/i-nuovi-irregolari-italia-21812
(27) - https://www.inmigrazione.it/it/dossier/la-nuova-malaaccoglienza
(28) - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/27/migranti-italia-e-il-paese-ue-in-cui-la-percezione-e-piu-distorta-presenze-sovrastimate-e-ostilita-maggiore-di-tutta-europa/4583970/
(29) - https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/quanti-sono-immigrati-irregolari-salvini/