Aggiornato al: 30/04/2019
Un anno preoccupante, quello appena terminato, per il pluralismo religioso e culturale nel nostro paese. Questa, in sintesi, è la conclusione a cui non può non giungersi ripercorrendo i principali eventi e le più importanti tematiche in tema di integrazione e tutela delle diversità religiose che hanno caratterizzato il 2018. Nulla, peraltro, di cui stupirsi, se si tiene in debita considerazione lo stretto legame tra l’appartenenza religiosa e la condizione dello straniero e del migrante, categoria profondamente offesa e denigrata dalle politiche anti immigrazioniste del neonato governo Lega - 5stelle.
A colpire è certamente l’eclissi del tema del pluralismo religioso dai principali organi di stampa. Scarse le occasioni di riflessione offerte al grande pubblico, ancor più il confronto politico sui temi legati all’intercultura e all’interreligiosità. Per contro, si rafforza nella popolazione l’errato convincimento di un’invasione islamica, a fronte di un dato stabile ormai dal 2013. L’unica proposta di legge attualmente presentata in Parlamento contiene riferimenti al contrasto del fondamentalismo religioso, con un netto cambio di prospettiva rispetto alle riflessioni politiche degli ultimi anni.
Il dato appena descritto stride ancor più se posto in relazione con il continuo richiamo all’identità religiosa nazionale a fini propagandistici. I nuovi leader politici e in particolare il ministro dell’Interno non cessano di utilizzare simboli tradizionali della religiosità popolare cattolica a fini divisivi ed escludenti. Forti e numerose le reazioni di alcuni dei più importanti organi di stampa cattolici e di importanti prelati contro le politiche anti immigrazione e razziste propugnate dalla compagine governativa.
Tale clima politico ha facilitato il reiterarsi di episodi di intolleranza a sfondo razzista e xenofobo, strettamente connessi anche alla fede religiosa degli stranieri. Non solo: a 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, spiace dover segnalare la recrudescenza di gravi atti di antisemitismo, primo tra tutti il furto delle Pietre di Inciampo occorso a Roma, nel mese di dicembre.
Anche i rapporti con l’islam segnano un netto peggioramento. Il Contratto di governo dell’alleanza uscita vittoriosa dalle elezioni dello scorso 4 marzo indica un’evidente inversione di marcia, con il ripetersi quasi ossessivo dei richiami al rischio del terrorismo e con politiche di controllo che si concentrano, in particolare, sui luoghi di culto. Aumenta la diffidenza degli italiani nei confronti dei fedeli islamici, a fronte di un dato sconsolante sulla diffusa ignoranza dei principi basilari di tale religione.
Carceri e fedi è stato un altro nodo importante della riflessione sullo stato di salute del pluralismo religioso in Italia. Nonostante la scarsa attenzione delle istituzioni e delle politiche legislative sul tema, tra cui si rileva la mancata occasione dell’esercizio della delega in materia di ordinamento penitenziario per ciò che attiene alla libertà di culto, il mondo dell’associazionismo laico e religioso ha ottenuto importanti risultati sulla via della costruzione di percorsi di inclusione.
Infine torna il tema della laicità nella scuola pubblica, non soltanto attraverso le battaglie pro o contro l’utilizzo del crocifisso o l’allestimento del presepe natalizio, ma anche e sopratutto in relazione alla presenza degli insegnanti di religione cattolica nelle commissione d’esame di terza media. Una questione che richiederà particolare attenzione e monitoraggio anche per il nuovo anno scolastico.
Se fino al 2017 era ancora possibile recensire iniziative culturali e di sostegno ad interventi politici nell’ambito del diritto di libertà religiosa, nel corso del 2018 il tema pare essere completamente uscito dall’agenda politica e, conseguentemente, dal dibattito pubblico. Diversamente, ciò che non è certamente mancato è l’utilizzo del pluralismo religioso per fini strumentali al nuovo clima politico, che va sempre più radicalizzandosi, anche attraverso la narrazione distorta delle differenze religiose e culturali come un pericolo per la sicurezza pubblica e per l’integrità delle radici identitarie del paese. La stretta connessione tra pluralismo religioso e immigrazione è stata ed è tuttora la chiave di volta per l’individuazione del diverso come nemico e per definire l’urgenza della difesa dei confini fisici e culturali dall’invasione degli stranieri. Il tema costituisce pertanto uno strumento potente di propaganda anti immigrazione, che raggiunge particolare intensità quando affronta il nodo islam - integrazione, ma che in generale mantiene un livello alto in relazione a tutte le declinazioni della multireligiosità e del multiculturalismo.
Eppure dati statistici e studi sociologici continuano a smentire l’allarme invasione. Ciò in termini assoluti sulla presenza degli stranieri in Italia, con dati, stabili ormai dal 2013 che si attestano intorno ai 5milioni di residenti, per un’incidenza dell’ 8,5% circa sulla popolazione, a fronte di un dato flussi crollato per circa il 90% rispetto al solo 2017(1). Una panoramica più dettagliata della presenza straniera in Italia è consultabile qui http://www.dossierimmigrazione.it/docnews/file/scheda%20dossier%202018_colori.pdf(2).
Di particolare interesse il dato della presenza islamica in Italia. In risposta all’allarme “islamizzazione” e addirittura ai rischi per la “razza bianca”, che sono giunti in corrispondenza della campagna elettorale, è utile rilevare che i musulmani si attestano su di un dato che oscilla tra i 2,6 e i 2,8 milioni, circa il 4,8% della popolazione. Da più parti si segnala il paradosso di numeri pari o inferiori alla media europea, cui corrisponde un’ostilità italiana generalizzata contro l'islam di gran lunga superiore a quella registrata in altri paesi , in cui la presenza di credenti di fede islamica è maggiore e più consolidata. Qui una sintesi della ricerca del Pew Research Centre a confronto con i dati della Fondazione Ismu(3).
Un dibattito pubblico monopolizzato da slogan propagandistici cui fa da contraltare l’approfondimento e la ricerca, che tuttavia fatica ad emergere e a raggiungere il grande pubblico. Ciò nonostante, nel corso del 2018 sono state numerose le iniziative tese alla diffusione della cultura del pluralismo religioso in Italia.
Del tutto latente rimane invece la questione dei diritti di libertà connessi al fatto religioso che, se possibile, hanno ottenuto ulteriore diminuzione in termini applicativi, attestandosi su un basso livello, non soltanto percepito. Anche in tal caso le problematiche connesse al godimento di diritti costituzionalmente garantiti continuano a interrogare il mondo della ricerca e delle associazioni, mentre sembra essere stato dimenticato da quello delle istituzioni.
Sul punto, occorre segnalare che sul finire della XVII Legislatura è stata presentata l’unica iniziativa legislativa parlamentare registrata negli ultimi anni, avente l’ammirevole intento di accendere una luce su di un tema che si stava già da tempo profilando sempre più in termini di esclusione e radicalizzazione elettorale, ma che non ha avuto la forza di imposi nel dibattito politico, complice anche la scarsità di approfondimento di alcune tematiche, già affrontate in modo più convincente da diversi studiosi nel corso degli ultimi anni(4). Un ruolo negativo ha certamente svolto anche l’effettiva mancanza di tempo utile a qualsivoglia sviluppo concreto nei lavori delle relative commissioni. Qui il testo della proposta di legge n. 4650 “Norme in materia di libertà religiosa e abrogazione sulla legislazione sui culti ammessi” Con l’inizio della XVIII Legislatura si registra la presentazione della proposta di legge n. 744 dell’on. Bignami ed altri “Disposizioni concernenti la promozione della libertà di culto, il contrasto del fondamentalismo religioso e il censimento dei luoghi di culto”(5), che sigla con ogni evidenza un cambio di prospettiva sul tema.
Il 2018 è iniziato con la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento. La stessa si è da subito caratterizzata per linguaggio e toni utilizzati dalla compagine politica uscita vittoriosa il 4 marzo, in tal modo confermando la centralità delle politiche anti immigrazione e anti integrazione per il raggiungimento dell’obiettivo di governo. In particolare, la scelta del richiamo ai fondamenti identitari del cattolicesimo a fini di difesa dei confini e quali marcatori del territorio nazionale si è rivelata particolarmente efficace e potente sull’immaginario collettivo.
Tra gli episodi più rilevanti, esemplificativi dell’atteggiamento politico appena descritto, giova segnalare la lettura del discorso del leader della Lega nel corso del comizio conclusivo del 28 febbraio in Piazza Duomo a Milano, durante il quale il futuro ministro dell’interno e vice premier ha mostrato un rosario e un Vangelo, ai quali ha giurato fedeltà. Tale momento può idealmente rappresentare l’unificazione del partito indicato con gli omologhi della destra xenofoba europea e contemporaneamente la concretizzazione del ritorno del discorso religioso identitario a fini propagandistici. Qui il video. A fronte di un diffuso consenso popolare e della deriva religiosa identitaria quale strumento di chiusura contro gli stranieri, è di particolare importanza segnalare la risposta di alcune delle voci più autorevoli del cattolicesimo italiano. Non è mancata l’immediata risposta dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini, che ha criticato l’esposizione dei simboli religiosi e richiamato la politica contro l’uso improprio della religione nel dibattito elettorale. Per contro, il leader della Lega ha inaugurato una lunga serie di risposte di rottura nei confronti di esponenti cattolici, arrogandosi il diritto di indicare al proprio elettorato i veri dettami religiosi che fondano l’identità nazionale, contro una asserita lettura distorta dei fondamenti delle radici cattoliche, propugnata da organi di stampa e prelati dissidenti. Così per la polemica contro Famiglia cristiana, che ha fortemente denunciato l’ingiustizia delle politiche del ministro dell’interno sull’immigrazione, il ruolo delle Ong, la chiusura dei porti a partire dal caso della nave Diciotti. Il 26 luglio Famiglia cristiana ha pubblicato una dura inchiesta sul tema, riportando e facendo sue le più importanti dichiarazioni di vescovi, associazionismo cattolico, altre chiese cristiane contro le scelte governative di mancata accoglienza. Qui un riassunto . Durissime inoltre le reazioni del quotidiano dei vescovi contro il vicepremier e i parlamentari che hanno votato il Decreto sicurezza. Nell’editoriale di Avvenire del 2 dicembre, alla invocazione distorta, effettuata dal vicepremier, dell’immagine del presepe e della figura di Gesù, si contrappone quella di un presepe vivente comporto da una giovane famiglia titolari di protezione umanitaria e pertanto espulsi dal sistema accoglienza. Qui il testo
Torna in auge il tema del crocifisso, stavolta con una proposta di legge di iniziativa parlamentare a firma dell’on. Saltamartini, concernente l’esposizione del simbolo nelle scuole e negli uffici delle pubbliche amministrazioni, compresi i porti ed altri luoghi non previsti dalle circolari e decreti regi degli anni Venti. In essa compare il riferimento al crocifisso quale “simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da una specifica confessione religiosa”, richiamando un vecchio parere del Consiglio di Stato del 1988 e una più recente affermazione del medesimo organo che, con sentenza 556 del 2006, affermava che l’esposizione obbligatoria del crocifisso nelle aule scolastiche pubbliche “non è più considerata inidonea a ledere il principio supremo di laicità dello Stato, ma costituisce una raffigurazione evocativa dei valori che quello stesso principio racchiude”. Nell’indicare i principi di cui alla proposta di legge, l’art. 1 definisce il crocifisso come “(…) elemento essenziale e costitutivo e perciò irrinunciabile del patrimonio storico e civico - culturale dell’Italia”. All’obbligo di esposizione del crocifisso “in luogo elevato e ben visibile” segue la sanzione per la rimozione “in odio ad esso” dell’emblema o per il suo vilipendio con un’ammenda fino a Euro 1000. Qui il testo integrale della proposta di legge Anche in tal caso le reazioni da parte laica e cattolica non hanno tardato. Tra queste, segnaliamo il Tweet del direttore de “La civiltà cattolica” Mons. Spadaro: e, su tutt’altro versante, la particolare riflessione offerta dall’Uaar sulla simbologia religiosa come brand.
Similmente il tema del presepe nelle scuole che, puntuale, torna ad affacciarsi durante le festività. Vicepremier e ministro dell’istruzione all’unisono hanno evocato l’importanza della presenza del simbolo nelle scuole ,quale espressione dell’identità italiana. In particolare, si segnala la polemica tra alcuni docenti e dirigenti scolastici contro l’imposizione del presepe da parte degli apparati governativi regionali e statali: L’uso politico dei simboli della tradizione cattolica ha pertanto trovato in questo inizio di Legislatura il pieno sdoganamento da parte dei maggiori esponenti politici del governo.
Nel clima di tensione politica sviluppatosi nel corso del 2018 gli organi di stampa hanno segnalato numerosi episodi di aggressione di stampo razzista e xenofobo, con un evidente aumento di percezione di impunibilità da parte degli autori materiali. Qui un resoconto ragionato a partire dai dati Osce, Unar e Oscad. Qui un elenco dei maggiori episodi di cronaca
A partire da tali considerazioni, colpisce la scarsa mappatura delle specifiche cause poste a fondamento degli episodi di odio contro gli stranieri, tra cui, per quanto di interesse in questa sede, le appartenenze religiose. Ciò anche a significare che, nell’intolleranza generalizzata, l’elemento religioso del migrante si fonde con gli altri elementi della sua identità e come tale è percepito in maniera ostile dagli aggressori. È ad esempio il caso del bracciante indiano di religione sikh che la scorsa estate è stato raggiunto da spari provenienti da un’auto in corsa, mentre percorreva in bicicletta la via Pontina di ritorno dai campi. L’episodio ha avuto la funzione di riportare nuovamente l’attenzione sulle condizioni di sfruttamento di una delle comunità più colpite dalla piaga del caporalato. Qui alcune delle più rilevanti osservazioni sul tema. Di tutta evidenza come, nell’autopercezione della comunità sikh, l’appartenenza religiosa segna uno dei capisaldi dell’identità del gruppo e della sua unità.
In tale contesto assume, pertanto, particolare rilevanza la scelta del Procuratore della Repubblica di Torino di emanare lo scorso luglio apposite “Direttive per un più efficace contrasto dei reati motivati da ragioni di odio e discriminazione etnico - religiosa e per la più rapida trattazione degli Affari dell’Immigrazione , nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Si segnala in particolare la consapevolezza delle circostanza anomala del sensibile aumento dei reati motivati da odio etnico - religioso.
A ottant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali, ricordate in molteplici eventi di tipo culturale, come la mostra allestita al Quirinale, non sono mancate le occasioni nelle quali le più alte istituzioni dello Stato hanno richiamato l’importanza del “mai più” e invitato la società civile a vigilare contro possibili ritorni di violenze legate al clima di razzismo (per tutti: l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata della memoria lo scorso 27 gennaio). Più di tutto va ricordato il costante impegno della senatrice a vita Liliana Segre, nominata tale dal Capo dello Stato proprio in occasione della richiamata ricorrenza. Nel corso del 2018 la senatrice Segre non ha mai fatto mancare le sue parole di testimonianza e di monito contro l’orrore dell’indifferenza. Segnaliamo in particolare il suo primo discorso al Senato, visibile qui. Numerosi inoltre i suoi interventi contro le politiche di mancata accoglienza dei migranti messe in campo dall’attuale Governo e dal suo ministro dell’Interno.
Con particolare gravità vanno pertanto segnalati alcuni episodi di stampo antisemita verificatisi nel corso del 2018. È notizia dello scorso dicembre il furto di 20 pietre d’inciampo a Roma, nel Rione Monti. Dura la reazione di Adachiara Zevi, presidente dell’associazione culturale Arte e Memoria e curatrice del progetto “Pietre d’inciampo a Roma”. Secondo l’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea si tratta di un’azione politica di stampo antisemita. Lo stesso è stato sostenuto dalla Procura di Roma, con l’aggravante dell’odio razziale.
Nessun passo avanti ed anzi un deciso freno nei rapporti istituzionali con l’islam italiano. Dopo le discusse, ma interessanti prove di dialogo verificatesi nel corso degli ultimi due anni, finalizzate all’unificazione delle rappresentanze islamiche in Italia in vista della possibile stipulazione di un’Intesa con lo Stato, nulla del genere pare emergere dalle politiche del nuovo governo. Quasi scontate sul punto le affermazioni del ministro dell’Interno sul pericolo insito nella religione islamica e sulla stretta connessione con il fenomeno dell’immigrazione irregolare, oltre che sulla asserita incompatibilità con la Costituzione.
Di maggiore interesse in questa sede è invece il “Contratto di governo” siglato da Lega e 5Stelle, che in vari punti dedica spazio al rapporto con l’islam. In particolare, al punto 9 dedicato alla politica estera si compie un espresso riferimento a presunti fattori di instabilità nel Mediterraneo, quali l’estremismo islamico e i flussi migratori incontrollati. Si richiama così alla necessità per l’Italia di “intensificare la cooperazione con i Paesi impegnati contro il terrorismo”. Similmente, al punto 12 dedicato al tema dell’immigrazione si fa riferimento alla necessità di bloccare la vendita di armi ai Paesi in conflitto e alla prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale di matrice islamista. Segue poi il riferimento più corposo alla questione delle moschee: nel contratto si legge infatti che “ai fini della trasparenza nei rapporti con le altre confessioni religiose, (…) che non hanno sottoscritto Intese (…) e di prevenzione di eventuali infiltrazioni terroristiche, (…) è necessario adottare una normativa ad hoc che preveda l’istituzione di un registro dei ministri di culto e la tracciabilità dei finanziamenti per la costruzione delle moschee, e, in generale, dei luoghi di culto, anche se diversamente nominati”. Si richiama infine la necessità di disporre di strumenti adeguati “per consentire il controllo e la chiusura immediata di tutte le associazioni islamiche radicali nonché di moschee e di luoghi di culto che risultino irregolari” e di “adottare una specifica legge quadro sulle moschee e luoghi di culto, che preveda anche il coinvolgimento delle comunità locali”. Il riferimento è certamente anche alle politiche regionali anti - islam verificatesi nel corso degli ultimi anni, che hanno portato anche alla emanazione, in alcune regioni del nord, di specifiche leggi limitative della possibilità per alcune confessioni religiose di aprire luoghi di culto. A tal proposito, si segnala una nuova rimessione alla Corte costituzionale della Legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 sul Governo del territorio, che già nel 2015, dopo revisione in senso peggiorativo, era stata giudicata parzialmente incostituzionale dalla Consulta(6). Nell’ottobre 2018 il Tar Lombardia ha infatti considerato la mancata previsione di tempi certi di risposta alle istanze dei fedeli interessati come un’attesa a tempo indeterminato creatrice di incertezza e, come tale, ostacolo all’esplicazione del diritto di libertà religiosa. Una posizione in netta controtendenza con le attuali politiche governative.
In generale va segnalata la diffidenza sociale della popolazione italiana nei confronti dei fedeli di religione islamica. È nuovamente il Pew Research Institute che, con un interessante lavoro pubblicato nel corso del 2018, ha evidenziato come nei paesi occidentali sono i cristiani praticanti a mostrarsi meno predisposti all’accoglienza delle persone musulmane. In particolare, il 63% dei praticanti italiani afferma che l’islam è in antitesi coni valori cristiani. Ciò a fronte di un dato particolarmente rilevante: insieme al Portogallo, con il 73% l’Italia si attesta agli ultimi posti per conoscenza dell’islam. Lo studio è consultabile qui. A fronte di ciò, una parte importante dell’islam italiano rappresentata dall’Ucoii risponde con una rilevante novità, rappresentata dalla elezione del novo presidente Yassine Lafram, di 32 anni, che ha subito rivolto un appello agli italiani “cattolici e musulmani” al superamento di preconcetti e distanze e individuato tra le priorità del suo mandato la lotta alla radicalizzazione nelle carceri, l’educazione e la formazione dei giovani.
Infine una nota preoccupante. Anche nel 2018 si sono verificati casi di pratiche rituali sfociate in danni gravissimi per la salute dei bambini. Il 23 dicembre scorso un bambino di due anni figlio di una coppia di origine nigeriana è morto a seguito dell’avvenuta circoncisione rituale, mentre il gemello versa in gravissime condizioni di salute. Immediata, peraltro, la reazione della comunità religiosa, e dell’associazione dei medici di origine straniera in Italia, che lancia un appello al ministro della salute affinché venga autorizzata la circoncisione presso strutture sanitarie pubbliche e private con prezzi accessibili per le famiglie.
A seguito dell’approvazione della riforma dell’ordinamento penitenziario presentata nel 2017, si era già lamentata l’assenza di esercizio della delega in ambito di rapporti con le confessioni religiose. Nonostante le proposte avanzate dall’associazionismo laico e religioso che, in continuità e collaborazione aveva proposto modifiche alla relativa legge, con l’intento di includere alcune delle più elementari pratiche di esercizio del diritto di libertà religiosa nei luoghi segreganti, nulla è mutato. Ne consegue che il diritto di culto nelle carceri rimane ancora in balia delle buone pratiche di alcuni istituti penitenziari e della buona volontà di operatori, ministri di culto, volontari. Qui il testo del XIV rapporto di Associazione Antigone sulle condizioni di detenzione con particolare riferimento al tema della radicalizzazione e libertà di culto. Qui l’intervista a Mauro Palma, garante nazionale dei diritti dei detenuti, sulla libertà di culto delle persone detenute.
Nel silenzio riservato al tema da parte dei maggiori organi dell’informazione, e con il pressoché totale disinteresse da parte delle istituzioni, giova segnalare l’appuntamento “Uscire dentro. Pluralismo religioso in carcere”, iniziativa promossa dalla rivista Confronti e dal suo Centro studi, in collaborazione con Antigone ed altre realtà associative. Il convegno tematico, che si è svolto presso il carcere di Rebibbia a Roma, è stata l’occasione per pensare diversamente al rapporto carcere e fedi. Molte le rappresentanze religiose intervenute e di particolare interesse l’idea di proseguire nella riflessione comune attraverso la creazione di un tavolo interreligioso permanente sul tema del carcere. Qui un resoconto della giornata ed alcuni interventi.
Sempre sul tema si segnalano infine due progetti dell’Università di Milano Cesare Beccaria Primed e Simurgh, contro la radicalizzazione e all’analfabetismo religioso anche attraverso percorsi di formazione rivolti al personale dell’amministrazione penitenziaria e agli agenti di pubblica sicurezza. Qui alcune informazioni.
Nel mese di giugno, in vista degli esami di Stato della scuola secondaria di primo grado, si sono susseguiti numerosi appelli di associazioni per la laicità della scuola in merito alle recenti riforme che il Miur ha attuato, sulla base delle deleghe del Decreto “Buona scuola”. In applicazione del principio di semplificazione amministrativa il D.lgs. 62/2017 ha eliminato l’elenco delle materie d’esame, con i relativi docenti esaminatori, tra le quali non figurava l’insegnamento della religione cattolica. Tale specifico riferimento è stato sostituito da un generico cenno alla composizione della commissione d’esame come comprensiva di tutti i docenti del consiglio di classe, facendovi così surrettiziamente rientrare anche gli insegnanti di religione. Il Comitato nazionale “Scuola e Costituzione”, ma anche la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e l’Uaar, hanno ripetutamente chiesto chiarimenti al Miur e denunciato l’incongruenza derivante dalla “svista” normativa. Qui il testo. Su un altro fronte, anche l’offerta scolastica della materia alternativa alla religione cattolica ha subito restrizioni, con difficoltà ad essere garantita in ogni istituto. È stato nuovamente il Comitato Scuola e Costituzione ad intervenire nel caso delle scuole di Bologna. Particolare attenzione al tema e ai suoi possibili sviluppi dovranno pertanto essere prestati con riferimento all’anno scolastico 2018/2019.
(1) - Idos-Confronti, Dossier statistico immigrazione 2018.
(2) - Un commento di Paolo Naso pubblicato sulla rivista Confronti è consultabile qui http://www.confronti.net/confronti/2018/11/dare-i-numeri-al-tempo-di-salvini/
(3) - ulteriori dati prodotti dalla Fondazione Ismu sono qui consultabili http://www.ismu.org/wp-content/uploads/2018/10/Comunicato-Stampa-XXIV-Rapporto-Ismu-sulle-Migrazioni.pdf
(4) - per l’approfondimento delle riflessioni del Gruppo di lavoro Astrid si rimanda alla edizione precedente di questo Rapporto. Per un maggiore approfondimento si legga qui https://www.statoechiese.it/en/contributi/la-proposta-di-legge-in-materia-di-liberta-religiosa-nei-lavori-del-gr1
(5) - il cui testo non è ancora reso disponibile
(6) - il riferimento è alla sentenza n. 63/2016 della Corte costituzionale, consultabile sul relativo sito web.