Diritto alla salute e libertà terapeutica

Scritto da: Silvia Demma

Aggiornato al: 30/04/2019

Il punto della situazione


È nel contratto?

La risposta – positiva o negativa – sembra essere dirimente(1). Per cogliere quale sia l’indirizzo delle future politiche relative a diritto alla salute e libertà terapeutica pare quindi utile individuare cosa è o non è presente in quel documento.

Attenzione alla salute emerge in diverse sezioni/clausole: 2) acqua pubblica (bonifica della rete idrica da amianto e piombo, ma non è specificato come, ad esempio, si intende procedere alla mappatura delle tubazioni contaminate); 3) agricoltura e pesca - made in Italy (compare la sicurezza alimentare, senza specificazioni); 4) ambiente, green economy e rifiuti zero (oltre all’impegno esplicitato per la tutela della salute nel comprensorio di Taranto, è plausibile che diverse azioni auspicate – mappatura amianto, riduzione inquinamento...– siano mirate anche alla tutela della salute); 16) ministero per le disabilità (le cui deleghe, curiosamente, non sono attribuite né al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, presso il quale è già istituito l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (l. 18/09, art. 3), né al ministero della Salute, le cui competenze riguardano un ampio spettro di interventi in questa materia, ma al ministero della famiglia); 23) sicurezza, legalità e forze dell’ordine (al paragrafo gioco d’azzardo, nel quale, però, sono menzionati solo strumenti di contrasto e repressione); 24) sport (per la prevenzione delle malattie).

Il diritto alla salute è declinato alla voce 21) sanità. È confermato il principio dell’universalità, cardine della legge 883/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Gli obiettivi vanno dall’impegno a garantire la diffusione capillare di strutture socio-sanitarie e a bassa intensità di cura al contenimento dei ticket (dovrà essere ridotta al minimo la compartecipazione dei singoli cittadini), passando per assunzioni di personale sanitario, formazione universitaria e ricerca.

Il contratto lascia anche in questo ambito ampi margini di manovra nella trasposizione dell’accordo nella realtà(2). Mancano – ad esempio - impegni precisi sulle risorse che si intendono investire o indicazioni chiare sulle strategie da perseguire per garantire su tutto il territorio nazionale uguale tutela della salute.

La scelta lessicale – sanità, invece di salute – pare rispecchiare una precisa scelta: l’attenzione è focalizzata sulla cura svolta dal personale sanitario, mentre la prevenzione non è qui citata. Mancano quindi riferimenti, ad esempio, a qualsivoglia genere di programmi utili a promuovere stili di vita sani (fatto salvo quanto alla sez. sport). Vero è che molti dei comportamenti a rischio si manifestano in ambiti nei quali le sensibilità delle due forze politiche sono probabilmente distanti – sessualità, sostanze stupefacenti- ma il silenzio è assoluto.

Nulli sono i riferimenti alla strada da intraprendere rispetto alla cannabis, anche nel caso della cannabis terapeutica.

Colpisce la totale assenza di riferimenti al tema della libertà terapeutica e in specifico sulla questione del fine vita. Va ricordato che nella precedente legislatura, in occasione del voto sulle DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento, l. 219/2017), le due forze ora al governo assunsero posizioni diametralmente opposte.

L’assenza di politiche chiaramente delineate si riverbera anche sul tema dei vaccini che pure ha avuto rilevanza in campagna elettorale. In questo caso non è chiaro, nell’affrontare la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all’istruzione e il diritto alla salute(3) quali siano i bambini a rischio di esclusione sociale cui si intende offrire protezione: i figli dei no-vax o i bambini che non possono essere vaccinati per ragioni mediche? Soprattutto, non sono nemmeno ipotizzate linee di intervento specifiche.

Nei paragrafi a seguire si cercherà di offrire una panoramica su cosa sta concretamente avvenendo, dal contratto alla realtà.


Le norme sul fine vita

In assenza di un accordo, seppur vago, si pone l’incognita sulla risposta che verrà data all’invito della Corte Costituzionale rivolto al Parlamento di legiferare in materia di punibilità dell’aiuto al suicidio. Che la questione potesse presentarsi era preventivabile: risaliva, infatti, al febbraio 2018 la richiesta da parte della corte di Assise di Milano sulla legittimità dell’art. 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio) nel procedimento a carico di Marco Cappato, autodenunciatosi dopo la morte di Fabiano Antoniani (dj Fabo). I tempi sono relativamente brevi: la Corte ha rinviato al 24/09/2019 la trattazione della materia e fornito al legislatore indicazioni chiare, evidenziate – quasi a non lasciare spazio a dubbi interpretativi – nel primo capoverso del comunicato stampa: «Non è, di per sé, contrario alla Costituzione il divieto sanzionato penalmente di aiuto al suicidio. Tuttavia, occorre considerare specifiche situazioni, “inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali”». Nell’immediato, esponenti di entrambe le forze di maggioranza hanno ricordato il silenzio del contratto. Si tratterà di vedere se nei prossimi mesi sarà possibile coagulare voti sufficienti per la modifica dell’art. 580 c.p. accogliendo la sollecitazione della ministra Grillo: «Su questi temi gli schieramenti devono andare oltre le proprie posizioni ideologiche per il bene dei cittadini».

Quanto alle DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), non sono state rispettate le scadenze previste per l’avvio della Banca dati relativa da istituirsi presso il Ministero della salute. La l. 219/17 sulle DAT, infatti, è entrata in vigore il 31/01/2018, accompagnata in legge di Stabilità (l.205/17, art. 1, c. 418 e c. 419) da specifiche misure utili all’istituzione della Banca dati: fondi (2 milioni di euro per il 2018), modalità (previa intesa in Conferenza Stato-Regioni e parere del Garante della Privacy) e tempi (180 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità). In fase applicativa delle norme, sono emersi dubbi interpretativi, formalizzati però solo il 15 giugno al Consiglio di Stato. Il parere è giunto il 18 luglio, ma ancora a fine ottobre la ministra Grillo si limitava ad annunciare: «stiamo finalizzando il decreto che darà finalmente concreta attuazione al registro delle Dat». La risposta fornita dal sottosegretario per la salute Bartolazzi in Senato il 18 ottobre lascia poco spazio all’ottimismo: lo schema di decreto è stato sottoposto al vaglio di non specificati stakeholder istituzionali, le cui osservazioni non erano – a quella data – ancora pervenute. Sempre a quella data mancavano ancora, ovviamente, il parere del garante della privacy e l’intesa Stato-Regioni.

I tempi per la piena applicazione dell’art. 4, c.7, l.219/17 (Banca dati collegata al FSE-Fascicolo sanitario elettronico o cartella sanitaria elettronica) si preannunciano biblici. Eppure la misura agevolerebbe non poco sia il personale sanitario in situazioni di emergenza, sia i cittadini (almeno in ipotesi, per quanto riguarda le modalità di deposito delle DAT), soprattutto quanti godono di ottima salute, ma che desiderano cautelarsi, dovessero incappare in eventi negativi.

Al momento, però, non rimane che affidarsi ai registri istituiti presso i Comuni (Circolare Ministero Interni, servizi demografici, 8/2/2018) o a pubblici ufficiali (notai) per registrare le proprie disposizioni e contare sulla presenza del proprio fiduciario affinché siano rispettate.

Entro il 30 aprile 2019 il ministero della salute dovrà trasmettere alle Camere la relazione sullo stato di applicazione della legge. È possibile che il numero di quanti hanno registrato le proprie DAT risulti contenuto, anche a causa dello scarso impegno dimostrato dal ministero a pubblicizzare lo strumento.

La prevenzione

Sicuramente essere ginnici, così come ricordato nel contratto(4), aiuta a mantenere una buona salute, ma forse non basta. Lo conferma l’esistenza del Piano Nazionale della Prevenzione (PNP), un sistema notevolmente articolato di azioni, non solo in ambito sanitario. L’esperienza è nata con il PNP 2005-2007 mirato in particolare a prevenire le malattie cronico-degenerative, dato il loro crescente impatto finanziario sul SSN (Conferenza Stato-Regioni, Intesa 23/03/05, All. 2). A quel Piano, prorogato fino al 2009, sono succedute edizioni con obiettivi più complessi, trasversali ai diversi ambiti di vita, come si rileva nella parte introduttiva del PNP 2014-2018. Sulla scorta dell’esperienza, si è andato consolidando un modello che prevede l’identificazione di obiettivi condivisi a livello nazionale, da sviluppare su base regionale in accordo con le specificità territoriali.

Nel corso del tempo è stato accumulato un patrimonio diffuso di competenze e buone pratiche, mirate a contrastare – tra gli altri – gli effetti sulla salute delle diseguaglianze.

L’insieme di evidenze scientifiche raccolte porta a cogliere quanto il tema della salute sia trasversale e, di conseguenza, quanto sia rilevante considerare – in qualsiasi ambito - l’impatto sulla salute delle politiche pubbliche adottate, sia a breve termine, sia nel lungo periodo. Considerati, ad esempio, i risultati dello studio(5) che ha dimostrato quanto incide il livello di istruzione sul rischio di mortalità, politiche mirate a ridurre l’abbandono scolastico possono rientrare a pieno titolo nell’ambito delle strategie di prevenzione primaria, il cui scopo è promuovere e mantenere lo stato di salute e, insieme, ridurre l’incidenza dei fattori di rischio.

La prassi ormai consolidata pare confermata: il 26 settembre sono stati avviati i lavori per l’elaborazione del PNP 2020-2025, come concordato in sede di Intesa Stato-Regioni del 21/12/07, che aveva prorogato di un anno il PNP 2014-2018.

Tra gli elementi chiave del prossimo PNP compare l’intenzione di una maggiore integrazione con il PNC (Piano Nazionale Cronicità), nel quale la prevenzione è in particolare focalizzata sulle strategie da adottare per attenuare il decorso delle patologie croniche. Certo, non basta scrivere i piani per ottenere risultati e alcuni strumenti, come ad esempio l’uso delle TLC, scontano il ritardo tecnologico che affligge l’Italia nel suo complesso.



Prevenzione: i vaccini

Nel dibattito successivo alla reintroduzione dell’obbligo vaccinale (l. 119/17) i toni si sono mantenuti accesi anche dopo le elezioni, dentro e fuori le aule parlamentari. L’avvio del nuovo anno scolastico è stato segnato dal tema dell’autocertificazione: già l’anno precedente era stata introdotta (Nota MIUR 16/08/17, n. 1622) la possibilità di iscrivere i minori presentando autocertificazione dell’avvenuta vaccinazione o, nel caso, che questa sarebbe stata svolta entro il 10/03/18. La vaccinazione, però, risultava obbligatoria per i bambini nella fascia d’età pre-scolare. Dato lo scarso tempo trascorso dall’introduzione dell’obbligo vaccinale, la proroga per gli adempimenti risultava giustificato. Per l’a.s. 18/19, oltre a confermare la possibilità di ricorrere all’autocertificazione, è stata rinnovata la proroga per adempiere all’obbligo, fino al 10/03/19, estesa anche ai minori in età pre-scolare (Circ. MIUR Adempimenti vaccinali, 05/07/18). Il contenuto della circolare è stato in seguito inserito nel testo del c.d. Milleproroghe (l.108, 21/09/18).

Questo è dunque il giusto equilibrio tra diritto all’istruzione e diritto alla salute individuato e, soprattutto, sono stati individuati nei figli dei no-vax i minori da tutelare dal rischio di esclusione sociale. A nulla è valso l’invito, tra gli altri, di Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) a ricordare quanto la frequenza scolastica sia parte del processo di guarigione per i minori immunodepressi, circa 10.000, secondo la stima di Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza.

La copertura vaccinale comunque si mostra in risalita tra i bambini di 36 mesi, avvicinandosi in molte regioni alla quota del 95%, considerata ottimale. Con la messa a regime dell’Anagrafe nazionale vaccini (D.m. 17/09/18) dovrebbe essere possibile il costante monitoraggio del numero di immunizzati, tanto quanto di quanti non possono essere sottoposti al vaccino per ragioni di salute.

Nel frattempo, l’epidemia di morbillo iniziata nel 2017 non è stata ancora eradicata. Nei primi 10 mesi del 2018 sono stati registrati 2368 casi, da sommare ai 4991 dell’anno precedente. Purtroppo sono anche stati registrati 13 morti; l’ultimo, a novembre, era un giovane di 23 anni affetto da leucemia.


Cannabis: soglie di incertezza

Vanno registrate, innanzitutto, le novità positive sul fronte della cannabis terapeutica. Con il D.m. 25/06/18 è stata aggiornata la classificazione dei medicinali di origine vegetale a base di cannabis, inseriti tra quelli per la terapia contro il dolore.

Assicurare ai pazienti la continuità delle forniture si è rivelato assai problematico. Dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è giunta a maggio la notizia di un incremento della produzione annuale fino a 300 kg nel 2019 e a luglio la ministra Grillo ha comunicato di aver avviato le procedure per incrementare l’importazione dall’Olanda, da 450 a 700 kg/anno per il periodo 2018/19, quantitativi incrementati con la una quota importata dalla Germania. Nello stabilimento italiano, inoltre, si sta lavorando per produrre un estratto in olio titolato. Visti quantitativi importati, appare fondata la richiesta di aprire altri stabilimenti di produzione in Italia, formulata dall’assessore alla sanità piemontese Saitta.

Quale sia però il fabbisogno nazionale effettivo è difficile a dirsi: va, infatti, ricordato che modalità di distribuzione e onere a carico del paziente dipendono dalla Regione di residenza, con sensibili differenze. Si segnala, in merito, il caso della Valle d’Aosta, dove risulta che solo la cannabis di produzione italiana sia fornita senza oneri per i pazienti.

Manca, inoltre, una diffusa formazione tra medici e farmacisti e va registrata positivamente l’iniziativa dell’Istituto superiore di sanità riferita dal direttore dello Stabilimento chimico farmaceutico militare: «ci sta coinvolgendo per la formazione a distanza a medici e farmacisti sul corretto modo di prescrivere e preparare il prodotto».

Infine, è stato annunciato il varo della prima ricerca italiana sull’efficacia e la sicurezza dei trattamenti con cannabis terapeutica. Lo studio, finanziato dalla Regione Piemonte, sarà condotto su 90 pazienti.

Diverso è il discorso per quanti acquistano cannabis senza prescrizione medica: la platea è diversificata e spazia dai consumatori per uso ricreativo quanti la usano come rilassante.

Le dimensioni del fenomeno sono significative: secondo le stime formulate dall’Istat nel 2015 e riportate nell’ultima relazione annuale sulle tossicodipendenze presentata al parlamento gli utilizzatori di cannabis in Italia sarebbero 6,2 milioni, per una spesa di circa 4,1 miliardi di Euro. Da allora si è inserito sul mercato il fenomeno nato a seguito della l. 242/16 della c.d. cannabis light (THC a 0,2%, con tolleranza fino a 0,6%, art. 4, c.5). Nel corso dei mesi successivi si è quindi assistito alla nascita di un fiorente mercato, sia on-line, sia nei negozi tradizionali, giungendo ad attirare l’interesse di investitori stranieri: a novembre la canadese LGC Capital ha annunciato l’acquisto, per circa € 4,7 milioni, del 47% di EasyJoint che detiene approssimativamente l’85% del mercato light e ha dichiarato vendite intorno ai € 4 milioni nei primi 10 mesi del 2018 attraverso una rete di oltre 450 negozi.

Rispetto alla cannabis light non è ancora chiaro quale indirizzo sarà preso dopo la cauta apertura della precedente legislatura, ancora confermata con la circolare del Ministero dell’Agricoltura del 22/05/18, con la quale si esplicitava la liceità delle infiorescenze, nell’ambito della coltivazione destinate al florovivaismo.

Da allora, è stato reso pubblico il parere del Consiglio Superiore della Sanità, contrario alla vendita della cannabis light.

La ministra Grillo, in attesa del parere dell’Avvocatura di Stato, si è spesa a giugno a favore del mantenimento del settore: «Agli italiani dico comunque di stare tranquilli… Casomai sarà necessaria una regolamentazione».

A fine luglio seguivano in commissione alla Camera le parole di Fontana, ministro per la famiglia con deleghe per le politiche antidroga: «questi negozi non hanno una piena legittimità, (…), quindi bisognerà ovviamente cercare di capire se è stata un po’ forzata la legge». Nella stessa occasione Fontana chiariva l’indirizzo della maggioranza rispetto alla questione della liberalizzazione: «non è presente nel contratto di Governo, quindi non è un tema che affronteremo e lasceremo la legislazione così com’è».

Pochi giorni dopo, dal ministero dell’Interno era diramata una scheda tecnica contenente interpretazioni restrittive per il commercio delle infiorescenze. Tra le altre, anche quella relativa al contenuto di THC: il prodotto posto in commercio deve rispettare la soglia dello 0.2% e oltre 0.5% rientra nella categoria degli stupefacenti, con le conseguenze del caso per il commerciante. Il nuovo indirizzo è stato accolto con sconcerto dagli operatori, primi fra tutti i coltivatori. A loro, ad esempio, si continua ad applicare la soglia di tolleranza dello 0.6% - per l’impossibilità materiale di controllare la variabilità di THC, legata a eventi naturali – ma in quell’eventualità devono rinunciare agli introiti legati alle infiorescenze che saranno semmai da destinare ad altri usi consentiti (l. 242/16, art. 2, c.2). All’incertezza, per i coltivatori si aggiunge la percezione di una scarsa tutela offerta dalle forze dell’ordine a contrastare i furti nei campi, come denuncia Canapa industriale.


Proibizionismi a confronto: il gioco d’azzardo

Non comporta l’assunzione di sostanze, ma può creare gravi forme di dipendenza, il disturbo del gioco d’azzardo. Secondo lo studio epidemiologico condotto dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e pubblicato a ottobre 2018, su oltre 27.000 persone, in Italia sono circa 18 milioni di adulti e 700.000 minori ad aver giocato almeno una volta negli ultimi 12 mesi. Faticano a tenere sotto controllo la spesa, a gestire il tempo, con ripercussioni sulla vita sociale e famigliare un milione e mezzo di adulti e 70.000 adolescenti.

Il fenomeno ha assunto nel tempo dimensioni preoccupanti, tanto da portare non di proibizione tout court del gioco d’azzardo, ma a misure di contrasto al gioco patologico, con l’Intesa Stato-Regioni del 7/09/17.

Quanto rilevante sia il fenomeno, lo offre il caso del Piemonte, prima regione a varare una normativa con restrizioni al gioco (l.r. 9/2016, entrata in vigore il 20/11/2017): il volume di gioco è stato stimato in 4,6 miliardi nel 2018, pur sempre in calo rispetto ai 5,1 miliardi del 2016 (e comunque di più della spesa stimata per la cannabis, su tutto il territorio nazionale).


Fascicolo elettronico: un aggiornamento

Compare nel contratto, associato alle misure per il recupero delle risorse: forse diventerà realtà, questa volta. Le prime bozze risalgono al 2007, parte del Progetto Mattoni del SSN del 2003.

Ha avuto posto tra Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (D.L. 179/2012) e, a fine 2018, lo stato di attuazione può essere illustrato con una serie di immagini. Eccole.


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Immagini ricavate dal sito:

https://www.fascicolosanitario.gov.it/il-fascicolo-sanitario-elettronico.

Dal medesimo sito si può accedere ai siti relativi delle singole Regioni. Le informazioni su come attivare il proprio fascicolo, come accedere, quali prestazioni sono presentate con modalità differenti: un altro esempio della disomogenea offerta su base territoriale.


La coperta – corta – del SSN

Precariato diffuso, liste d’attesa, super-ticket, ospedali fatiscenti, forti diseguaglianze… tante sono le note dolenti del SSN che richiederebbero adeguato finanziamento. Secondo Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, per il 2019 servirebbero € 150 miliardi, € 2.500 procapite(6).

Invece. «Non c’è alcun incremento del fondo sanitario per il 2019, ma c’è la garanzia scritta, nero su bianco, di un aumento di 2 miliardi per il 2020 e di 1,5 miliardi per il 2021 e soprattutto ci sono ulteriori 2 miliardi, da subito, per gli investimenti in sanità, in particolare per l’edilizia sanitaria (da 26 a 28 miliardi, ndr). Per l’abbattimento delle liste d’attesa, anche se non ci sono tutte le risorse indispensabili, c’è indubbiamente un migliore dimensionamento del budget che passa da 50 a 150 milioni nel 2019». Così Stefano Bonaccini ha presentato l’accordo Governo–Regioni in materia di sanità per la legge di Bilancio 2019, siglato il 1° dicembre. Tra gli altri elementi dell’accordo, figura anche la possibilità per medici specializzandi dell’ultimo anno di accedere ai concorsi del SSN.

Una coperta corta. Per consolarsi, non resta che guardare la classifica Bloomberg Health Care Efficiency che misura il rapporto tra la spesa per la sanità e l'aspettativa di vita in base ai dati 2015 di 56 paesi: l’Italia, nonostante tutto, è al 4° posto.


Note

(1) - A titolo di esempio, si richiama la dichiarazione di Di Maio in proposito della proposta del collega Salvini in materia di inceneritori: “Non vedo perché si debbano creare tensioni inutili per una cosa che non essendo nel contratto non si può fare e non si farà". 16/11/2018, La Presse, https://www.lapresse.it/politica/inceneritori_di_maio_non_e_nel_contratto_non_si_fara_-846119/video/2018-11-16/

(2) - Si veda, in merito, l’analisi di L. Salvia: Infrastrutture, economia, giustizia. Le zone grigie del contratto di governo. Il Corriere della Sera, 12/11/2018

(3) - Contratto, p. 41

(4) - Alla sezione Sport: «L’attività sportiva e motoria è sicuramente una nuova modalità operativa, forse l’unica a basso costo, per fare una corretta prevenzione e per contrastare alcune malattie croniche soprattutto di natura cardiovascolari», p. 47

(5) - Marinacci C., Grippo F., Pappagallo M., Sebastiani G., Demaria M., Vittori P., Caranci N., Costa G., Social inequalities in total and cause-specific mortality of a sample of the Italian population, from 1999 to 2007, European Journal of Public Health, Volume 23, n. 4, 01/08/13, pp. 582–587,https://doi.org/10.1093/eurpub/cks184

(6) - Barbara Gobbi, Rosanna Magnano, 7° Healthcare Summit de Il Sole24ore/ Cartabellotta (Gimbe): nella manovra fondi illusori, restano fuori contratti e superticket, Il Sole24Ore, 20/11/2018