di Paola Ancora - Quotidiano di Puglia
Hanno aspettato, sperato, protestato e sperato ancora. Finché anche l’Italia, fanalino di coda in Europa, ha deciso di riconoscere legalmente che la condivisione di orizzonti e sacrifici, di gioie e dolori e d’amore è un’unione. Civile. E lo è anche per le persone dello stesso sesso. Così, anche a Lecce coppie di uomini e donne innamorati, conviventi da anni, si sono fatte avanti e hanno bussato alle porte del Comune chiedendo di essere unite in matrimonio, anche se - tecnicamente parlando - non di un matrimonio parla la legge Cirinnà in vigore dal 5 giugno, ma di un’unione. Con precisi vincoli.
Cinque le richieste presentate da altrettante coppie omosessuali in neanche un mese. Due di queste hanno già completato l’iter previsto dalla legge Cirinnà e dal decreto applicativo emanato dal ministero dell’Interno alla fine dello scorso luglio: una prima coppia, Cosimo e Giuseppe, si sposerà il 9 settembre. Un’altra, stavolta composta da due donne, il 15 settembre prossimo. Sempre a Palazzo Carafa: «Hanno voluto fare in fretta - spiegano dal Comune - e le altre location, come il Conservatorio di Sant’Anna, erano già occupate». Come ogni rivoluzione che si rispetti, anche questa ha portato con sé un gran trambusto.
Lo spiega bene Liana Retinò, dell’ufficio cerimoniale, alla quale il sindaco Paolo Perrone ha dato incarico di affiancare l’ufficio di stato civile, cui compete direttamente la procedura di legge, per celebrare le unioni civili. «La legge - dice - è piuttosto confusa. E in questi temi, così delicati, è bene essere chiari, dare direttive precise», anche per evitare che la sensibilità dei singoli influisca sull’applicazione puntuale della legge. «In base a una lettura più squisitamente burocratica della norma - continua Retinò - ogni passo dell’iter si deve svolgere all’ufficio di stato civile. Se invece le si vuole dare una qualche cerimonialità, allora interviene il mio ufficio. E l’amministrazione ha scelto di dare anche a queste unioni la possibilità di una cerimonia più “classica”».
Retinò, che fra i corridoi di Palazzo Carafa qualcuno ha ribattezzato “sua signora dei matrimoni”, da 25 anni si occupa di fiori d’arancio e affini, accompagnando le coppie fino al giorno del fatidico “sì”. «Le coppie omosessuali che ho incontrato fino a oggi sono tutte fra i 30 e i 50 anni - racconta -, sono molto riservati, quasi timidi. Si sentono arrivate a un traguardo importante, tanto atteso. Vedono riconosciute le loro aspettative, anche perché parliamo di convivenze consolidate, alcune di diversi anni».
Queste coppie, come dovrà fare in futuro chiunque vorrà unirsi civilmente con il proprio compagno o compagna, devono andare all’ufficio di stato civile e presentare una formale richiesta di unione.
L’ufficio dispone di moduli prestampati, atti ufficiali numerati, compilati i quali i funzionari comunali procedono alla verifica della documentazione presentata dalla coppia. Questo passaggio richiede 15 giorni di tempo. «Non una semplice promessa di matrimonio - dice Retinò - ma un vero e proprio atto firmato», un impegno, un contratto. Poi subentra l’ufficio cerimoniale, come ha voluto l’amministrazione, in particolare l’assessore Andrea Guido, per dare agli sposi la possibilità di celebrare la loro unione in un luogo più romantico di un ufficio comunale.
«Abbiamo ricevuto cinque richieste in un mese, tre da parte di uomini e due da parte di donne» dice ancora Retinò, a fronte di 18 matrimoni veri e propri celebrati in agosto e di altri 21 fissati invece per questo mese di settembre. Qualcuno sceglie anche, una volta conclusa la registrazione dell’unione civile, di celebrare nuovamente il matrimonio, «una sorta di doppione - racconta Retinò - in stile “Dinasty”, per potersi scambiare le fedi che nelle unioni civili non sono previste. La legge purtroppo su questo è riduttiva». Ma, si sa, “omnia vincit amor”, l’amore vince su tutto. Anche sulla legge.