di Ezio Menzione
In soli quindici giorni la magistratura italiana fa fare passi da gigante l riconoscimento della genitorialità delle coppie omosessuali. A cavallo fra febbraio e marzo 2016 sono usciti ben tre provvedimenti rilevanti in materia di genitori omosessuali, anche se in due fattispecie tra loro distinte. Il primo: un’ordinanza del 23 febbraio 2017 della Corte d’Appello di Trento; gli altri: due decreti dell’8 marzo 2017 del Tribunale per i minorenni di Firenze.
L’ordinanza di Trento ha definito un giudizio di quella che un tempo si chiamava “delibazione” di una sentenza straniera, instaurato ai sensi dell’art. 67 L. n. 218/1995. Una gestazione per altri realizzata in Canada da una coppia di uomini, un certificato di nascita che riportava il solo nome del padre biologico dei due neonati regolarmente trascritti nello stato civile italiano, una successiva sentenza che riconosceva il ruolo genitoriale svolto dall’altro padre e modificava di conseguenza i precedenti certificati di nascita. I due padri chiedevano alla competente Corte d’Appello di riconoscere anche nel nostro ordinamento gli effetti giuridici della sentenza straniera, disponendone la trascrizione nei registri del nostro Stato Civile e la conseguente modifica dei certificati di nascita dei due minori, indicando entrambi i padri come genitori a tutti gli effetti.
Risolte alcune questioni procedurali piuttosto interessanti, come l’inammissibilità dell’intervento in giudizio del Ministero dell’Interno – per l’evidente mancanza di un interesse autonomo e sostanziale a contrastare le domande dei ricorrenti – la Corte territoriale ha accolto il ricorso non ritenendo contrario all’ordine pubblico il riconoscimento anche in Italia del ruolo genitoriale a entrambi i padri dei due minori, cittadini italiani e canadesi (jure soli), già avvenuto in Canada con sentenza. Perno della decisione: da un lato il diritto dei minori a mantenere lo status filiationis riconosciuto in Canada e garantito in primis dall’art. 33 della L. n. 218/1995 a tutela del loro preminente interesse; dall’altro l’inesistenza nel nostro ordinamento di principi di pari rango costituzionale che giustifichino la retrocessione dei diritti dei minori.
Il fatto che la legge italiana non consenta la formazione (in Italia) di un certificato di nascita con due padri, si legge nella motivazione, è solo la conseguenza di una legislazione nazionale che rappresenta “una delle possibili modalità di espressione della discrezionalità del legislatore ordinario in un determinato momento storico.”. Poiché nulla impedisce che una tale possibilità sia garantita un domani da una legge che lo preveda anche in Italia, è da escludere un’ipotesi di contrarietà all’ordine pubblico. Analogo ragionamento, e conseguente analoga esclusione, in ordine al fatto che la nascita dei minori sia il risultato di una gestazione per altri legalmente effettuata all’estero. Il divieto previsto dalla L. n. 40/2004 rappresenta a sua volta soltanto una delle possibili regolamentazioni, non l’unica e certamente non costituzionalmente obbligata.
I due successivi decreti di Firenze, hanno regolato invece due ipotesi del tutto diverse di adozione piena pronunciata all’estero di minori in stato di abbandono, a favore di due coppie di cittadini italiani residenti all’estero da più di due anni, secondo quanto consente il 4° comma dell’art. 36 L. n. 184/1983. In entrambi i casi si trattava di una coppia di padri che non avevano nessun legame biologico con i bambini che in seguito alla sentenza emessa dalle autorità competenti – una nel Regno Unito, l’altra negli Stati Uniti – erano diventati a tutti gli effetti figli di entrambi.
Le sentenze di adozione erano perfettamente valide ed efficaci nei rispettivi paesi di residenza dei cittadini italiani, si voleva però che potessero produrre i loro effetti anche in Italia. In particolare che, con la trascrizione nei registri dello Stato civile, fosse consentito ai bambini di essere riconosciuti come figli dei loro due padri, come tali potessero acquistare la cittadinanza italiana, potessero acquisire tutti i vincoli parentali (rispetto ai nonni, agli zii, ai cugini) ed entrare a piano titolo nel loro asse ereditario.
Finora tale riconoscimento era stato sempre negato perché all’adozione mancava il requisito del vincolo di coniugio dei genitori adottivi previsto per legge. La precedente giurisprudenza aveva infatti sempre escluso che, pur rappresentando il 4° comma dell’art. 36 una deroga alla disciplina generale, tale deroga arrivasse ad escludere il requisito previsto dall’art. 6 della legge adozioni, quello appunto del coniugio protratto per tre anni. Gli stessi principi di diritto posti a base dell’ordinanza di Trento: la non contrarietà all’ordine pubblico, la tutela del preminente interesse del minore unita al rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione dell’Aja del 1993, sostenuti dalla difesa dei ricorrenti, sono stati i punti cardine per l’accoglimento della domanda di trascrizione della sentenza di adozione.
In Italia (ma, a ben guardare, è così anche in molti altri paesi occidentali) la magistratura è molto più avanti della politica perché si trova a confrontarsi quotidianamente con situazioni di fatto che premono per avere riconoscimento e ne sono meritevoli, invece di attardarsi su incerti dati ideologici, come fanno i parlamentari, specie i nostri. In questo modo la giurisprudenza (teniamo presente anche le numerose sentenze intervenute in questi ultimi anni, di riconoscimento dell’adottabilità di figli di un partner o di una partner all’interno della coppia gay o lesbica) ha assestato l’intera materia in modo assai favorevole alle coppie gay: stepchild adoption; riconoscimento in Italia dell’adozione di figli ottenuta all’estero; trascrizione in Italia dei due partner gay come genitori, se già iscritta all’estero. C’è quasi tutto: manca solo la trascrizione diretta in Italia dei due “genitori” gay o lesbiche, ma si può star certi che – se si consolida questo indirizzo giurisprudenziale – arriverà anche quella. Merito del riconoscimento delle unioni civili? Sì, tale riconoscimento ha non solo reso visibili le coppie omosessuali, ma ha anche “normalizzate” agli occhi dell’opinione pubblica (che condiziona anche le decisioni dei giudici) le coppie omosessuali, in primis sul terreno della genitorialità, che pure il parlamento aveva – stupidamente – inteso lasciare fuori dalla disciplina della coppia. Come se fosse possibile!