La riforma della disciplina delle intercettazioni

I principali criteri direttivi della delega concernono la previsione di norme per la garanzia della riservatezza delle parti e, soprattutto, dei terzi,

Il 15 marzo è stato approvato dal Senato, in seconda lettura, con voto di fiducia, il ddl di riforma del processo penale che contiene anche una delega legislativa per la riforma della disciplina delle intercettazioni. I principali criteri direttivi della delega concernono la previsione di norme per la garanzia della riservatezza delle parti e, soprattutto, dei terzi, fondate anche sulla modifica della disciplina delle modalità di utilizzazione dei risultati delle intercettazione in sede cautelare e mediante una precisa scansione procedimentale per la selezione del materiale intercettativo nel rispetto del contraddittorio tra le parti e delle esigenze di indagine. Positiva, in particolare, è la previsione del dovere del pubblico ministero di garantire un’adeguata selezione degli atti da inviare al gip a sostegno della richiesta di misura cautelare, non ricomprendendovi le intercettazioni inutilizzabili, irrilevanti o comunque inerenti terzi estranei alle indagini e contenenti dati sensibili (purché non emergano elementi favorevoli all’indagato). Analogamente a quanto disponeva sul punto il ddl “Mastella”, si prevede che tali dati siano conservati in apposito archivio riservato con facoltà di ascolto ed esame ma non di copia, da parte dei difensori e del giudice, e che siano sottoposti alla procedura di stralcio, nel contraddittorio delle parti. Importante è anche l’indicazione di non trascrivere nei brogliacci (salvo specifica autorizzazione del pubblico ministero) le stesse categorie di intercettazioni, così minimizzando il rischio di esfiltrazione di dati di terzi, sensibili o comunque non rilevanti ai fini investigativi.
Particolarmente innovativo è, poi, il criterio direttivo volto a disciplinare il ricorso ai captatori informatici a (esclusivi) fini intercettativi, su cui si era registrato un contrasto interpretativo, composto poi dalle Sezioni Unite della Cassazione nell’aprile 2016. La strutturale diversità di realizzazione di questo tipo di captazione rispetto a quelle tradizionali ha, infatti, evidenziato tutti i limiti dell’applicazione a tali fattispecie della disciplina pensata per le seconde. Queste ultime, infatti, sono concepite (in ossequio all’art. 15 della Costituzione) come limitate nel tempo, nello spazio, previste come residuali nel caso di ambientali domiciliari. Da remoto, invece, il controllo dell’indagato è talmente pervasivo da non avere più alcun limite (pertanto è stato definito “ubiquitario”) né, del resto, possibilità di riscontro effettivo qualora si utilizzino determinati software capaci di alterare il contenuto del dispositivo in cui sono installati e di cancellare le tracce delle operazioni compiute. Ancora, sulla scorta dell’emendamento Centaro al ddl “Alfano”, si introduce una nuova fattispecie delittuosa consistente nella diffusione del contenuto di conversazioni o riprese audiovisive fraudolentemente captate e svolte in presenza dell’agente, al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui. Si impone la previsione di specifiche scriminanti per l’utilizzazione di tali captazioni nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario, per esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca. La condotta qui tipizzata copre effettivamente una lacuna, dal momento che ad oggi, come confermato più volte anche dalla Cassazione, la registrazione abusiva di conversazioni da parte dell’interlocutore o comunque di chi vi abbia preso parte non integra alcuno specifico reato.

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