Il neo ministro dell’istruzione Marco Bussetti ha indicato, nel corso di una recente intervista al Messaggero, le priorità del nuovo governo riguardo al sistema scolastico italiano. Il primo intervento sarà a luglio dare il via al concorso per dirigenti scolastici e così superare la reggenza come provvedimento provvisorio e non risolutivo. Riguardo invece alla spinosa questione dell’assunzione dei precari, in particolare delle maestre diplomate magistrali escluse dalle graduatorie dalla sentenza del Consiglio di Stato di fine 2017, il neo ministro non ha ancora espresso una posizione precisa. Una delle priorità sarà comunque valorizzare il personale ATA. Il nuovo governo pare tuttavia porsi in una posizione di continuità sui vari temi inerenti alla scuola rispetto agli interventi delle due precedenti legislature. Il premier Conte ha infatti assicurato che la riforma della cd. Buona scuola non verrà stravolta.
Segnaliamo inoltre lo speciale “Prof. in trincea: viaggio nelle scuole di frontiera” composto da sei video documentari che presentano diverse “storie di insegnanti che lottano tutti i giorni per fare il loro lavoro. In zone periferiche e abbandonate. Con studenti "difficili". Che devono scontrarsi con alunni e genitori. Che vengono aggrediti e sono vittime di bullismo. Ma che vanno avanti comunque, con passione, nonostante tutto. E che, qualche ragazzo, a volte, riescono a salvarlo”.
Per quanto riguarda l’Università, fa ancora discutere la questione del numero chiuso. Particolarmente emblematico e preoccupante è il caso del corso triennale di Scienze e Tecniche Psicologiche dell’Ateneo Torinese. In seguito alla sentenza del Tar del Lazio del 6 giugno scorso, che ha dichiarato illegittimo l’accesso limitato a fronte di un costante incremento degli studenti che intendono immatricolarsi, il Consiglio di Dipartimento dell’Ateneo ha deciso di chiudere il corso triennale. Decisione che deve ancora essere confermata dal Senato accademico. Il rettore G. Ajani sostiene che si tratta di una scelta obbligata: «L'università di Torino ha sempre creduto al "numero aperto", ma in questo caso non ce l'abbiamo fatta: se apriamo a tutti un corso che in altri atenei è chiuso, finiamo travolti, arriveranno gli studenti di mezza Italia che non trovano collocazione». Il rischio è quindi quello di non riuscire a sostenere l’offerta formativa per un corso aperto, considerando la carenza di strutture e di personale dell’Ateneo. Questo rimanda ad altre criticità che caratterizzano il sistema universitario italiano, quali per esempio al sistema di reclutamento previsto dalla cd. legge Gelmini, al blocco del turn over e gli scarsi finanziamenti alla ricerca e alla didattica.