Con il termine della XVII legislatura e l’insediamento del nuovo Governo, sostenuto dalla maggioranza Lega-Cinque stelle, sembra definitivamente abbandonata la possibilità di adozione definitiva del decreto legislativo recante la riforma penitenziaria, nel testo proposto dal Ministro Orlando (sui cui contenuti si rinvia al contributo corrispondente all’interno del Rapporto).
Lo schema di decreto legislativo era stato, infatti, presentato alle Camere, ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti per materia, sul finire della legislatura. Sia la Commissione giustizia della Camera dei deputati, sia quella del Senato, hanno espresso pareri favorevoli ma subordinati all’accoglimento di proposte di modifiche importanti del testo, alcune delle quali tali da ridurne almeno in parte le potenzialità innovative.
Probabilmente per la rilevanza delle osservazioni mosse al testo (il cui recepimento ne avrebbe sensibilmente mutato l’impostazione di fondo), il Governo Gentiloni non ha ritenuto di approvare definitivamente il testo della riforma, nonostante gli innumerevoli appelli del Csm, di associazioni e giuristi in tal senso.
Pertanto, essendo la delega ancora suscettibile di esercizio, le Commissioni speciali per l’esame degli atti del Governo delle nuove Camere insediatesi, dovrebbero esprimere il proprio parere sul testo. Tuttavia, nell’ambito della Conferenza dei capigruppo che avrebbe dovuto assegnare il decreto alle Commissioni speciali ai fini dell’esame, si è ritenuto di escludere tale calendarizzazione, essenzialmente in ragione dell’asserita mancanza di urgenza dell’atto (la cui delega scade però nel mese di luglio).
In una delle prime dichiarazioni rese alla stampa, il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha precisato che quel decreto (che a suo avviso “mina la certezza della pena”) potrà essere emanato solo previa modifica di molte sue parti centrali ovvero – laddove i limiti della delega non lo consentano – a seguito dell’adozione di una nuova legge di delegazione. Il Ministro ha infatti dichiarato – in linea con le posizioni espresse dal partito di cui è esponente – di non condividere, in quanto “meramente deflattiva”, l’estensione dell’ambito applicativo delle misure alternative alla detenzione proposto dal decreto, ritenendo invece preferibili misure strutturali. Tra queste, sembra incluso anche il progetto di costruzione di nuove carceri, che il Ministro definisce funzionale a garantire l’umanità nell’esecuzione della pena (evidentemente per esclusive ragioni di contrasto del sovraffollamento penitenziario).
Tali dichiarazioni fanno, dunque, pensare, che assai difficilmente il testo della riforma sarà approvato, a meno di importanti modifiche proprio su uno dei punti qualificanti del decreto, quale appunto l’estensione dell’ambito applicativo delle misure alternative alla detenzione.
Rapporto sullo stato dei diritti in Italia