Le criticità
Torna a crescere il numero di detenuti ed è di nuovo critica la condizione di sovraffollamento. Dopo una stagione di riduzione della popolazione carceraria anche a seguito della Sentenza Torregiani e delle sanzioni all’Italia da parte dell’Unione Europea, negli ultimi due anni la popolazione carceraria è tornata a crescere. Il numero di detenuti presenti al 31 Dicembre 2017 è pari a 57.608, circa 3.000 in più rispetto all’anno precedente e 5.500 in più rispetto al 2015. Si tratta di un numero significativamente superiore alla capienza regolamentare degli istituti di pena italiani, che potrebbero contenere al massimo 50.000 persone. Le situazioni più critiche riguardano Lombardia, Campania e Puglia. La legge n. 103 del 2017 di modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario contiene una delega al governo per l’adozione di decreti legislativi su questioni di grande importanza relative al sistema carcerario. La parte di delega relativa a riforma dell'assistenza sanitaria, preclusioni ed eliminazione degli automatismi nell’accesso ai benefici e misure alternative è stata esercitata attraverso un decreto del Consiglio dei ministri, senza però arrivare alla sua approvazione in questo fine legislatura. Tre ulteriori decreti, relativi a giustizia ripartiva, mediazione penale e ordinamento penitenziario minorile sono stati licenziati in via preliminare, mentre nulla è stato fatto su affettività e sessualità in carcere, diritti di donne e stranieri e libertà di culto. Il 6 dicembre 2017 sono state pubblicate le conclusioni del Comitato Europeo contro la Tortura a seguito dell’esame sulla situazione italiana svolto a Ginevra nel novembre dello stesso anno. Tra gli argomenti maggiormente rilevanti per il nostro tema troviamo:
- L’inadeguatezza della legge sulla tortura recentemente approvata dal parlamento italiano, il Comitato critica infatti la scarsa adesione all’articolo 1 della convenzione contro la tortura e la genericità della previsione normativa per cui chiunque, e non solo i pubblici ufficiali, possono essere imputabili per il reato;
- La mancata istituzione di un organismo nazionale indipendente per i diritti umani;
- La carenza di informazione data ai detenuti in carcere e le difficoltà ad avvalersi di un’adeguata assistenza legale;
- I miglioramenti necessari relativi alle condizioni di detenzione sia in carcere sia nelle camere di sicurezza, la riduzione del sovraffollamento e della custodia cautelare;
- La revisione del 41bis in un ottica di rispetto dei diritti umani dei detenuti.
Sul fronte del delicato passaggio dal sistema degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) alle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), seppure si registra soddisfazione per la chiusura definitiva di tutti gli Opg, desta preoccupazione la possibilità che le Rems arrivino a replicare, in piccola scala, il sistema smantellato con la legge 81/2014. Gli ultimi dati disponibili (aprile 2017) registrano una presenza di 596 persone e una lista di attesa di 290 persone. Di queste ultime, circa una sessantina sono in carcere, una parte di loro è in libertà e la maggior parte si trova in altre strutture sul territorio. Come dimostra il numero delle persone in lista di attesa, i responsabili delle Rems stanno operando in modo da evitare il sovraffollamento delle strutture ma, dall’altro lato, non va sottovalutato come la maggior parte delle persone in lista di attesa si trovi in libertà e in altre strutture sul territorio. Il fatto che non giungano notizie allarmanti circa la presenza di “matti in libertà” dovrebbe far riflettere sulla reale necessità che queste persone entrino in Rems. Altra nota dolente riguarda i reparti denominati “articolazioni per la salute mentale” all’interno degli istituti penitenziari da cui, prima della riforma, le persone più “problematiche” venivano trasferite alle Rems. Fortunatamente ora questo non è più possibile, ma la gestione di quei reparti presenta molte criticità sia per quanto riguarda la mancanza di personale specializzato sia per le condizioni strutturali spesso inadeguate. In ultimo, la legge 13 aprile 2017 n. 46, ha modificato il nome dei centri per il trattenimento degli stranieri privi di regolari documenti da centri di identificazione e di espulsione (Cie) a centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), prevedendo di costruirne uno in ogni regione italiana (al momento sono sei i centri funzionanti in tutta Italia). Questo nonostante sia stata accertata da numerosi studi e ricerche come il sistema dei Cpr non sia particolarmente funzionale allo scopo prefisso: si riescono ad effettuare i rimpatri, infatti, a malapena nel 50% dei casi.
Le nostre raccomandazioni
- Approvare nel più breve tempo possibile il decreto di riforma dell’ordinamento penitenziario relativo ad assistenza sanitaria, preclusioni ed eliminazione degli automatismi nell’accesso ai benefici e misure alternative
- Arrivare a una veloce discussione e approvazione dei decreti su giustizia ripartiva, mediazione penale e ordinamento penitenziario minorile, predisporre fin da subito i decreti su affettività e sessualità in carcere, diritti di donne e degli stranieri e libertà di culto;
- Intervenire sull’utilizzo spropositato della custodia cautelare in carcere;
- Adeguare da ogni punto di vista le articolazioni per la salute mentale all’interno degli istituti penitenziari, in modo da garantire alle persone lì ricoverate lo stesso diritto alle cure delle persone libere;
- Modificare la legge 13 aprile 2017 n. 46 e non aprire nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio sul territorio.