Con sentenza n. 99 del 2019 la Corte costituzionale ha escluso che possa scontare la pena in carcere il condannato affetto da grave infermità mentale sopravvenuta. In questi casi, pertanto,, il tribunale di sorveglianza può disporre l’applicazione, nei confronti del condannato, della detenzione domiciliare anche in deroga ai presupposti generali. Si tratta di una sentenza importante, con cui la Corte costituzionale supera il limite generalmente ravvisato nella pluralità di soluzioni suscettibili di scelta a fronte della dichiarazione di illegittimità costituzionale, che implicherebbe l’esercizio di una discrezionalità rimessa in via prioritaria al legislatore, ravvisando nella detenzione domiciliare “umanitaria” uno strumento sufficientemente duttile nell’alternativa tra carcere e assenza di vincolo alcuno. L’applicazione della detenzione in carcere nei confronti mentalmente infermi può infatti determinare – osserva la Corte - un “tale livello di sofferenza da ferire il senso di umanità”. Di contro, la concessione, in questi casi, della detenzione domiciliare in deroga costituisce – afferma ancora la Consulta- un’espressione di esecuzione della pena in forme “compatibili con il senso di umanità”
Rapporto sullo stato dei diritti in Italia