Anticipazioni Report 2017: Il diritto allo studio e le politiche (contraddittorie) che dovrebbero tutelarlo

Anticipiamo alcuni contenuti del Rapporto sullo Stato dei diritti relativo al primo semestre 2016

Anche quest’anno si sono accese le proteste degli studenti di alcune Università italiane per la questione del limitato accesso ad alcuni corsi di Laurea umanistici. Gli studenti lamentano il fatto che il diritto allo studio dovrebbe essere garantito a tutti, senza distinzione alcuna. Diversi docenti si sono uniti alle proteste, sostenendo che il numero chiuso è uno strumento che serve principalmente a nascondere la carenza di risorse delle Università e la diminuzione della capacità di offerta formativa degli Atenei: nelle Università, infatti, mancano i docenti e mancano le strutture dove accogliere gli studenti. A monte della questione del numero chiuso vi è quindi il problema che il sistema universitario italiano è sull’orlo del collasso. Si pensi che nel corso degli ultimi anni il numero dei precari negli Atenei italiani è aumentato al punto da rappresentare più della metà del personale che nelle Università si occupa di ricerca e di didattica. Il Consiglio universitario nazionale (Cun) ha addirittura previsto che nel 2018 il numero dei docenti ordinari potrebbe scendere del 50% rispetto a dieci anni prima. Porre un limite alle immatricolazioni porta, dunque, l’Italia verso una contraddizione insolvibile, come ha sottolineato il Prof. Asor Rosa, critico letterario e scrittore: da una parte siamo tra gli Stati europei con il più basso numero di laureati e dall’altra non riusciamo a impedire la fuga di laureati all’estero per la mancanza di lavoro. Tali problemi derivano dalle politiche adottate negli ultimi anni in tema di istruzione e ricerca. Politiche contraddittorie che portano a effettuare drastici tagli dei finanziamenti all’Università, impedendo di avviare il reclutamento di ricercatori e docenti necessari a sostenere il sistema universitario stesso, a fronte di cospicui investimenti (5 milioni di euro lo scorso anno) nell’orientamento pre-universitario per aumentare il numero di laureati nel Paese. Per poi costringere le Università, con precise predisposizioni ministeriali, a inserire il numero chiuso quando l’ammontare dei docenti non risulta sufficiente a sostenere l’offerta formativa di un’elevata quantità di studenti.

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