Le criticità
Confrontando le raccomandazioni espresse nel Primo rapporto e la realtà di oggi, si traggono considerazioni importanti sull’evoluzione che ha interessato il diritto alla protezione dati nel tempo trascorso da allora.
Molte delle esigenze rappresentate, infatti, possono ritenersi soddisfatte con l’entrata in vigore del nuovo quadro giuridico europeo, che ha colto molte delle istanze emerse nel ventennio di applicazione della direttiva 95/46 (e delle relative normative nazionali di recepimento). Significativa, in tal senso, la disciplina espressa introdotta dal Regolamento generale protezione dati sul diritto all’oblio e il diritto alla portabilità dei dati, che sistematizza i principi essenziali sanciti sul punto dalla giurisprudenza europea
Resta invariata, rispetto a quattro anni fa, l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto alla protezione dei dati personali nei luoghi di privazione della libertà, promuovendone la consapevolezza in particolare tra detenuti, internati, stranieri trattenuti nei centri per il rimpatrio.
Le nostre raccomandazioni
L’adozione di politiche pubbliche volte a favorire, nei ragazzi, la consapevolezza delle opportunità e dei rischi connessi all’uso della rete.
Revisione dei principi sanciti dal codice deontologico dei giornalisti risalente, ormai, a vent’anni fa e dunque non pienamente adeguato alle profonde innovazioni determinate dalla digitalizzazione dell’informazione.
La previsione di maggiori garanzie di riservatezza del lavoratore rispetto alle potenzialità invasive proprie degli attuali sistemi di controllo e monitoraggio digitalizzati, al fine di assicurarne la proporzionalità, non eccedenza, legittimità;
Adozione di misure volte ad assicurare l’effettività del diritto alla protezione dei dati personali nei luoghi di privazione della libertà.